Il Papa: “Vi prego fermatevi, basta bambini morti”

angelus200“Basta bambini morti, questa è l’ora di fermarsi”. Appello di pace di Francesco all’Angelus per le tre aree di crisi mediorientale, irachena e ucraina. Dio «conceda alle popolazioni e alle autorità la saggezza e la forza necessarie per portare avanti con determinazione il cammino della pace, affrontando ogni diatriba con la tenacia del dialogo». Un accorato richiamo a «tenere presenti le lezioni della storia» facendo prevalere con il «dialogo», «le ragioni della pace», è stato lanciato dal Pontefice ricordando il «tragico evento» della Prima guerra mondiale di cui ricorrono i 100 anni. «Auspico che  non si ripetano gli sbagli del passato», ha esortato Bergoglio.

«Tutto si perde con la guerra, nulla si perde con la pace, mai più la guerra, penso soprattutto ai bambini ai quali si toglie la speranza, il futuro, bambini morti, bambini feriti, bambini orfani, bambini che giocano sui residui belici e non sanno sorridere, vi prego fermatevi ve lo chiedo con tutto il cuore». Il Papa sottolinea la necessità che «al centro di ogni decisione non si pongano gli interessi particolari, ma il bene comune e il rispetto di ogni persona.

Ricordiamo – aggiunge a braccio Francesco – che tutto si perde con la guerra, nulla si perde con la pace. Mai la guerra!». Intanto Radio Vaticano ha diffuso alcuni stralci del colloquio di sabato tra il Papa e i vescovi campani durante la visita a Caserta.  «Nell’unità della Chiesa è importante l’unità tra i vescovi»: Papa Francesco lo sottolinea nel colloquio avuto con i vescovi a Caserta, durante la sua visita pastorale, riportato ora su Radio Vaticana.

«Alcuni storici della Chiesa dicono che in alcuni dei primi Concili i vescovi arrivavano anche ai pugni, ma poi si mettevano d’accordo – ricorda il Papa – È un brutto segno quando i vescovi sparlano l’uno dell’altro o fanno cordate. Questo è brutto, perchè si rompe proprio l’unità della Chiesa» mentre «noi vescovi dobbiamo dare l’esempio dell’unità per la Chiesa». «Tante volte noi siamo una Chiesa di arrabbiati: questo porta la tristezza e l’amarezza, non c’è la gioia». E«quando troviamo in una diocesi un sacerdote che vive così arrabbiato e con questa tensione, pensiamo che quest’uomo al mattino prende l’aceto, a pranzo le verdure sott’aceto e poi alla sera una bella spremuta di limone… – commenta scherzoso il Papa – Così la sua vita non va, perché è l’immagine di una Chiesa degli arrabbiati». Invece, spiega Francesco, «la gioia è il segno che va bene. Uno può arrabbiarsi, è anche sano arrabbiarsi una volta. Ma lo stato di rabbia non è del Signore e porta alla tristezza e alla disunione». Al contrario, occorre «aprirsi all’uomo e dire la parola giusta, con la pazienza».

Ma di questa domenica rimarrà soprattutto il pensiero angosciato rivolto da Francesco all’infanzia negata nelle zone dei conflitti: «Ricordiamo che tutto si perde con la guerra e nulla si perde con la pace. Fratelli e sorelle: mai la guerra, mai la guerra penso soprattutto ai bambini ai quali si toglie la speranza di una vita degna e futura, bambini morti, bambini mutilati, bambini che hanno come giocattoli residui bellici: fermatevi per favore ve lo chiedo con tutto il cuore, fermatevi per favore».

Inoltre “Il cristiano non può tenere nascosta la sua fede, perché traspare in ogni parola, in ogni gesto, anche in quelli più semplici e quotidiani: traspare l’amore che Dio ci ha donato mediante Gesù”. Dunque “preghiamo, per intercessione della Vergine Maria, perché – ha scandito – venga in noi e nel mondo intero il suo Regno di amore, di giustizia e di pace». Infatti “Il Vangelo ti fa conoscere Gesù vero, ti fa conoscere Gesù vivo; ti parla al cuore e ti cambia la vita. E allora sì, lasci tutto. Puoi cambiare effettivamente tipo di vita, oppure continuare a fare quello che facevi prima ma tu sei un altro, sei rinato: hai trovato ciò che dà senso, sapore, luce a tutto, anche alle fatiche, anche alle sofferenze, anche alla morte». E “tutto acquista senso, anche la malattia e la morte,  quando trovi questo tesoro, che Gesù chiama “il Regno di Dio”, cioè Dio che regna nella tua vita, nella nostra vita; è amore, pace e gioia in ogni uomo e in tutti gli uomini».

Il Pontefice raccomanda ai fedeli di leggere il Vangelo ogni giorno “portandolo in tasca o tenendolo sul comodino perché leggere il Vangelo è quello che ci dà la gioia».Francesco ha commentato oggi le parabole evangeliche del tesoro nascosto nel campo e della perla di grande valore, che ha definito «due piccoli capolavori». «Esse – ha spiegato – ci dicono che la scoperta del Regno di Dio può avvenire improvvisamente come per il contadino che arando, trova il tesoro insperato; oppure dopo lunga ricerca, come per il mercante di perle, che finalmente trova la perla preziosissima da tempo sognata. Ma in un caso e nell’altro resta il dato primario che il tesoro e la perla valgono più di tutti gli altri beni, e pertanto il contadino e il mercante, quando li trovano, rinunciano a tutto il resto per poterli acquistare. Non hanno bisogno di fare ragionamenti, di pensarci, di riflettere: si accorgono subito del valore incomparabile di ciò che hanno trovato, e sono disposti a perdere tutto pur di averlo».

Secondo il Papa, «così è per il Regno di Dio: chi lo trova non ha dubbi, sente che è quello che cercava, che attendeva e che risponde alle sue aspirazioni più autentiche. Ed è veramente così: chi conosce Gesù, chi lo incontra personalmente, rimane affascinato, attratto da tanta bontà, tanta verità, tanta bellezza, e tutto in una grande umiltà e semplicità». «Quante persone, quanti santi e sante, leggendo con cuore aperto il Vangelo, sono stati talmente colpiti da Gesù, da convertirsi a Lui», ha quindi osservato Bergoglio citando san Francesco di Assisi che «era già un cristiano, ma `all’acqua di rose´». «Quando lesse il Vangelo, in un momento decisivo della sua giovinezza – ha ricordato il Papa che per primo nella storia ne ha scelto il nome – incontrò Gesù e scoprì il Regno di Dio, e allora tutti i suoi sogni di gloria terrena svanirono».