Il volontariato sfida la crisi. Cresce e offre posti di lavoro

I volontari di Milano resistono alla crisi. E cercano con tutte le loro forze di confutare la legge che vuole il terzo settore più attivo e dinamico nei momenti di crescita, stanco e demotivato nelle fasi di recessione. Oggi la crisi c’è: è un fatto. Ma le associazioni di volontariato di Milano e provincia hanno ripreso ad aumentare e offrono posti di lavoro. Il numero di volontari continua a diminuire, ma meno degli scorsi anni. Il check-up alla salute della solidarietà nella città della Madonnina è tutto scritto nel rapporto annuale sul volontariato milanese presentato ieri dal Ciessevi, il centro servizi di piazza Castello che fa da punto di riferimento per le associazioni del settore.

I dati fotografano la situazione a fine 2010: sono i più aggiornati oggi disponibili. Come dicevamo, aumentano le organizzazioni di volontariato: 899, undici in più rispetto all’anno precedente. E i posti di lavoro da loro creati: 3.185 persone retribuite, 410 in più. In compenso mancano all’appello 885 volontari (oggi sono 40983). «Il 2010 è stato un anno migliore rispetto al già difficile 2009», constata il sociologo Sebastiano Citroni, che ha curato l’elaborazione dei dati. Certo, nello stesso tempo non si può ignorare come il volontariato milanese abbia perso novemila persone in cinque anni: dai 49.584 volontari del 2006 ai poco meno di 41 mila del 2010. Allungando lo sguardo sul passato, si scopre che la tendenza a creare posti di lavoro viene da lontano: le assunzioni in associazioni di volontariato erano 2.638 nel 2006, oggi sono oltre 500 in più. Citroni segnala anche altre due tendenze.

La prima; diminuiscono i volontari sistematici (meno 14,3%) sostituiti da volontari saltuari (più 19,6%). Come dire: la voglia di fare per gli altri c’è, ma non tutti si sentono di prendere impegni a lunga scadenza. La seconda: le associazioni si specializzano sempre di più, tanto che oggi quelle che si concentrano su un settore soltanto sono il 72%. Nel 2006 si fermavano al 32%. Tutte le associazioni, nessuna esclusa, lamentano una diminuzione dei fondi pubblici a loro supporto. “Ma questo non deve spaventare-si scalda Lino Lacagnina, presidente del Ciessevi-. Negli ultimi anni abbiamo finito per dipendere troppo da finanziamenti e risorse che arrivano dagli Enti locali. La crisi ci spinge a un ritorno alle origini che ha anche vantaggi. In questo modo siamo più liberi di innovare e rispondere a bisogni che nessuno ha finora soddisfatto”.

L’altra faccia della medaglia è un volontariato che ai tempi della crisi copre anche esigenze di base che prima erano soddisfatte dal settore pubblico. Sì, è vero, talvolta ci sentiamo “tirati per la giacchetta“- ammette Lacagnina -. Sia chiaro, per le nostre associazioni poter tendere una mano a chi ha bisogno è un privilegio. Certo, esiste un problema di rappresentanza. Dobbiamo imparare a contare di più anche rispetto alle scelte strategiche che ci toccano”. Alla presentazione della ricerca hanno partecipato numerose associazioni. Con una sola voce: “il nostro non è un contributo basato sull’improvvisazione – hanno ribadito tutti -. Andiamo fieri della nostra capacità di assicurare a chi si rivolge a noi risposte sempre all’altezza”. Un ricchezza a cui il territorio non può rinunciare.

(Corriere della Sera)