Esperimento sociale in Canada: cosa hanno in comune una RSA e un orfanotrofio?

Bambini e anziani insieme sconfiggono la solitudine. Resi noti i primi risultati dell’esperimento: gli anziani ringiovaniscono e i bambini migliorano la loro crescita.

Dal Canada arriva un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria.

Un’esperienza che nasce direttamente dal cuore, accarezza le emozioni e conforta le solitudini, creando un circolo virtuoso di accoglienza, cura e di amore.

In Canada, minori soli e abbandonati accolti in orfanotrofio e con un passato di grave difficoltà familiare, da oggi possono ritrovare un po’ di quel calore che non hanno mai potuto sperimentare e conoscere perché no, cosa vuol dire avere un nonno che ti coccola e trascorre del tempo assieme a te, grazie all’incontro con gli anziani ospiti delle Rsa.

A riportare l’iniziativa è il web magazine Felicità Pubblica:  “i primi risultati dell’esperimento sono stati straordinari e non era difficile immaginarlo. Gli anziani infatti hanno trovato dei nipoti amorevoli e gli orfani per la prima volta hanno sperimentato l’amore e la cura dei nonni.

Ma non basta, perché “I medici hanno osservato un miglioramento di tutte le funzioni vitali negli anziani e il risveglio di un grande interesse per la vita, mentre i bambini hanno migliorato il loro apprendimento e attenuato le loro crisi psicologiche”.

Negli ultimi anni, si è sentito molto parlare di dialogo intergenerazionale e dell’importanza del contatto tra giovani e anziani, un rapporto che permette ai ragazzi di acquisire nuove conoscenze intellettuali, sperimentare nuove emozioni ed apprendere differenti punti di vista, permettendo allo stesso tempo agli anziani di uscire da una situazione di solitudine ed apatia troppo spesso legata alla terza età, riscoprendo nuovi scopi e acquisendo una rinnovata vitalità.

Ma la soluzione migliore per un minore abbandonato è una vera famiglia

In un mondo ricco di progressi tecnologici con conseguenti forme di isolamento sociale – sottolinea Felicità Pubblica – dovrebbe essere data maggior importanza a queste forme di educazione intergenerazionale, soprattutto perché bambini e anziani hanno molto in comune, la vulnerabilità innanzitutto ma soprattutto quella sana curiosità senza pregiudizi verso il mondo, verso tutto ciò che non si conosce”.

“In realtà – commenta il Presidente di Ai.Bi, Marco Griffini – non c’era tanto bisogno di scomodare illustri scienziati o condurre esperimenti innovativi per dimostrare i sorprendenti effetti benefici che un gesto di accoglienza “produce” su un minore abbandonato. Restiamo un po’ perplessi però per “l’utilizzo” del minore come fattore di “rivitalizzazione” di un anziano. Meglio forse sarebbe stato tentare un diverso esperimento: l’accoglienza da parte di una famiglia del minore abbandonato e dell’anziano rimasto solo. E’ comunque positivo il fatto che – una volta tanto – si metta in luce che anche in un Paese evoluto come il Canada, l’abbandono dei minori sia tutt’ora una grave emergenza, per risolvere la quale, la soluzione sia una sola: l’accoglienza che alla base ha una relazione familiare”.