Informazioni sulle origini. Anfaa: “La Commissione Giustizia della Camera salvaguardi l’anonimato della madre segreta”

madre segretaNon si fermano le polemiche sulla questione dell’accesso alle informazioni sulle origini dei figli nati con parto segreto. Il fronte contrario alla facilitazione di tale accesso si è rivolto alla Commissione Giustizia della Camera per ottenere che la norma su questa delicata materia assicuri la tutela del diritto all’anonimato delle madri che, al momento del parto, hanno chiesto di non essere nominate.

L’Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie), infatti, sostiene che le modifiche, attualmente in discussione, all’articolo 28 della legge 184 del 1983 siano molto pericolose, perché finalizzate a rimodulare il presunto sbilanciamento tra il diritto dei figli a conoscere le proprie origini e quello delle madri  biologiche a mantenere l’anonimato. Ricordiamo che l’articolo in questione era stato dichiarato illegittimo da una sentenza della Corte Costituzionale, la numero 278 del 2013, perché non prevede la possibilità per il giudice di interpellare la madre su richiesta del figlio.

Contro questa decisione della Consulta, si sono mosse diverse associazioni, tra cui anche Amici dei Bambini, che hanno aderito all’appello lanciato proprio dall’Anfaa. Le modifiche alla legge, secondo l’Anfaa, oltre a violare il diritto delle donne all’anonimato, spingerebbe molte di loro a non partorire più in ospedale e a ricorrere all’aborto o all’abbandono, magari all’interno di un cassonetto della spazzatura o sotto il sedile di un treno, come dimostrano diversi casi di cronaca.

Sono molte, infatti, le donne che non se la sentono materialmente o psicologicamente di diventare madri. O quelle che, troppo giovani, vengono costrette dai propri genitori a non riconoscere il figlio. Scelte drammatiche che portano con sé sempre grandi sofferenze. La tutela dell’anonimato, in questi casi, permetterebbe alle donne di non negare la vita al piccolo che portano in grembo, il quale, con l’adozione, potrebbe trovare una vera famiglia che si prenda cura di lui. In tal modo, l’abbandono, in ospedale o presso una struttura attrezzata come sarà la Family House di Ai.Bi. – si può trasformare in un dono, in un gesto d’amore. “Continua a essere utilizzato nel dibattito in corso in Commissione Giustizia – spiegano dall’Anfaa – anche il termine abbandonato, riferito al neonato non riconosciuto, che invece non è abbandonato, bensì affidato alle istituzioni affinché abbia al più presto una famiglia”.

Ma è da considerare anche un’altra eventualità che avvalora ulteriormente la necessità di non favorire l’accesso alle informazioni sulle origini. Non è assolutamente detto, infatti, che la madre biologica che non ha riconosciuto il figlio alla nascita sia disposta a conoscerlo e accettarlo in un secondo momento. Facile immaginare, quindi, quanto debba essere traumatico per un ragazzo o un adulto sapere di non essere stato riconosciuto alla nascita e scoprire di non venire accettato dalla propria madre neppure molto tempo dopo.

Su questi aspetti erano incentrati gli emendamenti al comma 7 dell’articolo 28 della legge 184/1983, proposti nell’ambito dell’appello dell’Anfaa. Uno in particolare prevede che l’accesso alle informazioni sia consentito solo nei confronti della madre biologica che, avendo dichiarato alla nascita di voler restare anonima, abbia poi ritirato tale dichiarazione.

 

Fonte: la Repubblica