Italia, divisa in due: al nord affido, al sud comunità di accoglienza

Un’Italia “spaccata in due” tra affido e ricorso a strutture residenziali. Lo rileva l’ultimo monitoraggio promosso dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in collaborazione con le regioni e le province autonome e realizzato dal Centro nazionale di documentazione per l’infanzia. Sono poco più di 30 mila i minori che vivono fuori dalla famiglia d’origine: 15.200 gli affidamenti (+ 49% rispetto al 1999), 15.500 i  minori nei  servizi residenziali (erano 14.945 nel 1999), la maggioranza stranieri non accompagnati. Mentre a livello nazionale le cifre fotografano un quadro equilibrato (per ogni bambino in affidamento ve ne è uno accolto nei servizi residenziali), le situazioni regionali “evidenziano scostamenti importanti da un capo all’altro della penisola”.

Nei dieci anni considerati (1999-2008), in sedici regioni su ventuno crescono i minori fuori della famiglia. Le punte regionali massime in Abruzzo (+216%) e nelle Marche (+77%). E se il valore medio nazionale è di 3 minori fuori famiglia ogni mille residenti, la forbice regionale va dai  5,2 per 1000 della Liguria agli 1,7 del Molise. Al centro e al nord viene privilegiato l’affidamento familiare, seguendo l’indicazione della legge 149 (quella che ha sancito la chiusura definitiva dei cosiddetti istituti): spiccano su questo terreno Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Provincia di Bolzano, Liguria, Emilia Romagna, Toscana. Al sud invece prevale l’accoglienza nei servizi residenziali (unica eccezione la Sardegna), sebbene si cominci a registrare una diversa sensibilità di molte regioni del mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Calabria e Sicilia tra tutte), impegnate verso una “progressivo maggior investimento nell’affidamento familiare”. Il 97% dei minori resta nella regione d’origine.

Il numero dei bambini stranieri tra il 1999 e il 2008 è cresciuto in modo significativo, passando dal 5,6% del totale al 16,4%. La concentrazione è maggiore in Toscana (35%), Emilia Romagna (30%), Veneto (28%), Umbria (23%) , meno presenze in Campania (6,6%) e Sicilia (3,7%). Il forte gap territoriale, sottolinea il rapporto, è legato alla presenza di minori stranieri, ma anche alla diversa tipologia di accoglienza fornita. Al centro e al nord, ad esempio, dove è più alta la concentrazione di minori stranieri, i servizi territoriali stanno sperimentando risposte di accoglienza in famiglia anche per loro.