Kenya: “Ho fame, lascio mia mamma e vado a vivere in strada!”

22Le Metropoli dell’Africa ormai sono sempre più simili al Brasile: pullulano di bambini senza un punto fermo, senza una casa, che davanti a sé hanno solo la strada. Una ricerca condotta nel 2011 in 5 città della Rift Valley, la spaccatura che attraversa l’Africa orientale da nord a sud, dall’Etiopia fino al Sud Africa, racconta come vivono migliaia di bambini in Kenya e mostra il collegamento esistente fra le emergenze umanitarie e l’aumento dei bimbi di strada.

Per la ricerca sono stati intervistati oltre 3mila bambini e quasi la totalità di loro vive in strada.

I motivi che hanno costretto questi bimbi a vivere in strada sono diversi: in primis l’insicurezza alimentare (che incide per ben il 59% dei bimbi presi in esame) che porta i bambini ad abbandonare la propria casa o la scuola per cercare cibo direttamente in strada; l’ emergenza-cibo è seguita dagli abusi domestici (23%), soprattutto nelle cosiddette famiglie allargate.

Incide pesantemente la morte dei genitori: a Eldoret, una delle città prese in considerazione, una grande percentuale dei bambini (addirittura il 44%!) proviene da famiglie in cui uno o entrambi i genitori sono morti. Infine, uno dei motivi che ha spinto tanti bambini in strada è la grave crisi che il Paese ha attraversato dopo le violenze delle Elezioni del 2007-2008.

Uno degli aspetti più interessanti emersi dalla ricerca è rappresentato dalla risposta che i bambini hanno dato quando sono stati chiamati ad individuare il loro bisogno più grande.

Come prevedibile, il 39% considera il cibo se non la più importante, certamente la più urgente esigenza; il 34% ha dichiarato di sentire la mancanza di un’istruzione, di un’educazione anche sommaria; ma ben il 24% dei bambini intervistati non ha espresso il desiderio di ricevere un bene materiale: per questi bimbi la mancanza più difficile da sopportare è l’assenza di Amore nelle loro vite.

Un dato che conferma quanto Ai.Bi. va dicendo da anni: la mancanza d’amore è una malattia e come tale va considerata.

Un bambino su cinque fra gli interpellati è stato ricongiunto alla famiglia d’origine almeno una volta ma ora è di nuovo in strada. Di questi, il 28% è stato riaccolto in famiglia tra le due e le cinque volte; il 4% dei bambini ha detto di esser stato reinserito in famiglia addirittura 10 volte!

Come si può facilmente comprendere, il reinserimento familiare non rappresenta certo la priorità per questi ragazzi e la maggior parte di loro, soprattutto i teenager, preferiscono vivere insieme ai loro coetanei. La situazione è sensibilmente differente per i piccoli profughi (I.D.P. Internally Displaced Persons), o gli sfollati, che vivono per strada. Oltre la metà dei bambini IDP che vivono in strada desiderano tornare a casa dalle loro famiglie, dimostrando che questi piccoli nomadi non rappresentano una popolazione omogenea.

I risultati sono stati condivisi con una serie di attori governativi e non, e le raccomandazioni consistono nell’avviare un’immediata risposta al problema e nel coordinare interventi di sviluppo multi – settoriali.

In particolare, si chiede una risposta tempestiva da parte del Dipartimento dei Bambini in termini di reintegrazione famigliare o inserimento dei bambini in strutture adatte ad accoglierli.

Perché nessun bimbo può farcela da solo, in mezzo ad una strada.

 AiBi in Kenya sta già aiutando concretamente bambini che, tolti dalla strada, trovano cura e protezione in centri specializzati, come il St. Paul: se vuoi sostenerli anche tu, vai sul sito adotta un bambino a distanza o scrivi una mail a sad@aibi.it