Kinshasa, il sequestro di Mauro: «Sono qui che parlo e sorrido, passerà presto»

«Ho rischiato di rimanerci secco». «Non sapevo dove mi stavano portando». «Sequestrato, per almeno due ore». E infine: «Lasciato a piedi e senza soldi». Queste sono le parole con cui Mauro P., il volontario di Ai.Bi. sequestrato lo scorso 11 novembre, scolpisce la sua esperienza di tensione e di paura mentre era nelle mani di una squadra antisommossa. Raggiungiamo Mauro al telefono, da poco uscito dall’Ambasciata italiana.

Mauro, dove ti trovi adesso?
«Sono appena uscito dal Comando di Polizia, dove sono stato stato accompagnato da un rappresentante dell’Ambasciata. Mi hanno presentato a un contatto di fiducia, un colonnello della Polizia Scientifica locale di Kinshasa». La voce di Mauro è ferma. Calma. La bufera è passata. «Sporgerò denuncia. Il colonnello mi ha spiegato che, con le elezioni presidenziali imminenti, gli episodi come questo si stanno moltiplicando.
Elezioni? Per quando sono fissate?
Per il 28 novembre, ma la procedura d’insediamento del nuovo presidente, prevista per il 10 dicembre, sarà lunga: bisognerà aspettare la reazione della società politica. Si annuncia un periodo caldo, a Kinshasa. Tutto dipenderà da un fatto, se il perdente accetterà o meno il risultato delle urne.
Mauro, abbiamo letto la tua email: come è successo tutto?
Stavo rientrando a casa. Mentre pagavo il tassista e avevo fuori il portafoglio, si avvicina un poliziotto e mi chiede i documenti. Lì per lì non me la sono presa; ero abbastanza tranquillo, avevo tutto in regola. Poi mi ha chiesto di uscire. Insiste (io non volevo scendere). Finché quattro poliziotti, armati di tutto punto, mi hanno caricato su un altro mezzo, mi hanno messo le mani addosso, mi hanno chiesto che cosa avevo in tasca…
Così? Senza complimenti?
Sì: se ricordo bene, mi hanno puntato il fucile contro, tanto che ho reagito d’istinto, ho dato una gomitata a un poliziotto, gli ho detto che quel che avevo in tasca non li riguardava; intanto mi portavano per la città, ero in mezzo a loro, ho contato almeno dodici poliziotti…
Quali erano le tue sensazioni, in quel momento?
Non sapevo dove mi portavano. Eravamo diretti in una zona isolata. Io conosco bene la città, infatti ho chiesto loro: “Perché mi portate in una zona isolata?” Ero convinto che stessero per farmi fuori.
Cosa ti hanno controllato?
I soldi. Avevo con me la macchina fotografica. Me l’hanno presa. L’hanno guardata, poi l’hanno passata al poliziotto accanto a me. “Che cos’è?”, mi fa. “Una macchina fotografica”, rispondo. “Ci sono foto?” mi chiede, secco. “Sì”. “Accendi”. L’ho accesa: ha controllato. All’improvviso ha fatto flash: per errore si è scattato una foto ai piedi.
Com’è andata avanti?
Giravamo in macchina. Alla fine, si sono fermati e mi hanno lasciato nei pressi di casa mia, non vicino. Ero traumatizzato, incavolato come una bestia. Sigaretta, mangiare, bere, mi sono rilassato un po’. Ma in questi giorni, la sera, non ho il coraggio di uscire, passerà n poco di tempo.
Da quanto sei in Africa, Mauro?
Dal 2007, avanti e indietro. Ma questi episodi di sequestro – perché di sequestro si tratta – succedono spesso ai volontari, mi hanno riferito di altri due ai quali la polizia ha messo le mani addosso. Con i banchi, fanno così: “Ferma, prego, documenti”, cercano un minimo pretesto, una minima irregolarità per fare rimostranze e andarsene via con 100, 500 dollari in più. Con noi di Ai.Bi. non succede, non gli diamo mai nulla: abbiamo autisti e conducenti che sanno aiutarci. C’è da dire che poi, in questo periodo pre-elettorale, la polizia è più arrabbiata del solito, perciò esagera. Non sanno che fine faranno. È il caos. Non siamo all’anarchia totale, ma poco ci manca. Infatti le Nazioni Unite consigliano di lasciare il Paese, almeno per qualche settimana: rimarrà soltanto l’ONU, la Croce Rossa, i rappresentanti del Fondo Monetario Internazionale e le ONG che lavorano nel campo della sicurezza.
Tutto bene, ora?
Sì, tutto bene. Sono qui che parlo, sorrido: passerà presto.
In bocca al lupo, Mauro.
Grazie! A voi».