L’idoneità dei Tribunali per i Minorenni: una inutile e dispendiosa perdita di tempo. Il ritorno dei decreti vincolati

TribunaleDunque, è tempo di riforme. Con l’arrivo al governo di Matteo Renzi, sembra che sia rifiorita la speranza di vedere un’Italia diversa, più orientata al futuro e al passo con i tempi. È quindi inevitabile che anche chi si occupa di adozioni internazionali, come Amici dei Bambini, approfitti di questo clima di moderato ottimismo per rilanciare un’idea di riforma del settore che sappia rispondere alla crisi e metta un po’ d’ordine dove oggi trionfa prevalentemente il caos.

E una riforma che si rispetti, non può prescindere da una semplificazione dell’iter e delle procedure che appesantiscono e rallentano un certo sistema di norme e regole. Gli ostacoli, in genere, vanno rimossi: in questa ottica, uno degli impedimenti maggiori alla realizzazione di un sistema delle adozioni internazionali più fluido ed efficiente è certamente la presenza dei Tribunali per i Minorenni.

L’Italia, infatti, è rimasto l’unico paese europeo ad assegnare ancora  la competenza per il rilascio dell’idoneità al Tribunali per i Minorenni. Solo il Belgio prevede un passaggio giurisdizionale analogo nel corso dell’iter adottivo: paesi come Austria, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Regno Unito e altri, prevedono che l’idoneità sia rilasciata dall’autorità amministrativa, che si tratti di enti ad hoc, dell’autorità centrale, delle amministrazioni locali o dei servizi sociali stessi, che comunque rientrano sempre in un quadro sinergico di collaborazione e supporto con chi è investito della decisione finale.

A oggi, infatti, è difficile non riscontrare, nell’obbligatorietà del passaggio per il Tribunale, un assurdo logico. In Italia, l’iter si struttura sostanzialmente su tre livelli, ciascuno dei quali può contraddire quello precedente e causare quindi uno o più “rimbalzi” all’indietro, con inevitabile dispendio di tempo e risorse.

Innanzitutto, ci sono i servizi, e tutte quelle attività di indagine psico-sociologica nei confronti dell’aspirante coppia adottiva, che già di per sé mettono alla prova la reale determinazione dei coniugi nel voler diventare genitori. Dopodiché – appunto – il dossier passa nelle mani del giudice minorile, che per le più disparate ragioni (fatta salva la sacrosanta applicazione della legge), può vanificare tutto il faticoso lavoro svolto sino a quel momento, decidendo di negare l’idoneità. Anche qualora la concedesse, dal momento che l’Italia è l’unico paese che preveda il ricorso obbligatorio a un Ente Autorizzato, è prevista una fase di valutazione che spetta agli enti, e che ben potrebbe mettere in discussione i risultati ottenuti nel corso delle due fasi precedenti. Con gli esiti che si possono immaginare, anche e soprattutto dal punto di vista psicologico, per le coppie che dovessero incappare in un “infortunio” del genere.

“Inutile”: non c’è dunque termine che descriva meglio l’attuale procedura prevista per adottare un bambino all’estero, che è fondata su questo sistema di livelli “a compartimenti stagni”, i cui attori non comunicano fra di loro. Un esempio eclatante deriva da una tendenza che sta prendendo sempre più piede all’interno dei Tribunali, che è quella dei decreti cosiddetti “vincolati”, ovvero contenenti restrizioni, riserve o precisazioni (spesso avanzate dalla coppia stessa) che limitano l’adozione a certe “categorie” di minori, distinte artificiosamente per età, etnia, salute fisica, ecc..  Si tratta di una “moda” che neppure svariate pronunce contrarie della Cassazione, in passato, sono servite a contrastare: sono limitazioni – queste – assolutamente contestabili, in quanto lo scopo dell’adozione dovrebbe essere quello di dare una famiglia a un minore, non viceversa. Non solo: questi decreti si rivelano spesso inutili, anche perché vengono sistematicamente rigettati dai paesi d’origine dei minori, i quali pertanto non possono essere adottati.

Oltre che inutile, il meccanismo di taglio giurisdizionale (per il semplice fatto che impegna consistenti risorse umane ed economiche non necessarie), si rivela essere decisamente costoso. Il che, in periodo di “spending review”, dovrebbe far riflettere, oltre che costituire un incentivo a intervenire per razionalizzare i processi attualmente esistenti e ridurre di conseguenza gli sprechi di denaro pubblico. Quanto si risparmierebbe, infatti, eliminando questo oneroso passaggio per i Tribunali? Sarebbe interessante scoprirlo.

Ma una volta che si dovessero escludere i Tribunali per i Minorenni dalle adozioni – ci si potrebbe chiedere – chi rilascerebbe l’idoneità alle coppie? I servizi sociali, naturalmente, come in parte già accade in altri paesi europei. Questo, però, al termine di un percorso di formazione delle coppie ragionato, che preveda il coinvolgimento diretto degli Enti Autorizzati, che in materia di adozione internazionale sono certamente più competenti e preparati di tanti magistrati.

La materia è complessa e articolata, insomma, ma l’esigenza di intervenire per semplificare e snellire le procedure adottive (in particolare nel senso di una maggior amministrativizzazione delle stesse), è chiara ed evidente: da qualsiasi prospettiva lo si guardi, l’attuale sistema è irragionevole e antiquato. Ci si può solo augurare che il neo Presidente del Consiglio, dichiarato nemico della burocrazia e di quanti si oppongono al cambiamento (vedi l’attualissima “battaglia” contro i sindacati), saprà far valere il suo piglio decisionale, per intervenire su questo tema in maniera concreta e risolutiva. Anche a prezzo di scontentare quanti hanno tuttora interesse a mantenere lo status quo.

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