La corte di Strasburgo condanna l’Italia: il diritto di visita tra nonni e nipoti è fondamentale

“Nel diritto al rispetto della vita familiare rientrino anche i rapporti dei nonni con i nipoti”

Il diritto a mantenere il legame familiare tra nonni e nipoti è fondamentale, violandolo l’Italia viola il diritto al rispetto della vita familiare.

Così la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha deciso di condannare il nostro Paese al versamento alla nonna di una somma pari a 4.000 euro per danni morali e 10.000 euro per spese legali, riporta Avvenire.

 La motivazione, si legge sul Sole 24 Ore – quella di non aver “garantito misure idonee a garantire il legame nonna – nipote. Le autorità Nazionali sono state inerti, non assicurando il diritto di visita, malgrado la decisione favorevole del Tribunale per i Minorenni”, con palese violazione quindi dell’art 8 che sancisce il rispetto alla vita familiare.

Questa la vicenda:

Una nipotina cresciuta con la nonna fin dalla nascita, era stata successivamente data in affidamento ai servizi sociali.

Il Tribunale per i minori a cui si era rivolta la donna, aveva confermato il diritto della nonna di mantenere un legame con la nipote attraverso la realizzazione di incontri. L’importanza di ciò, riporta Avvenire, era supportata anche da relazioni di esperti che confermavano questo rapporto come positivo per la bambina, ma nulla era stato fatto.

Da qui il ricorso alla Corte di Strasburgo che ha dato ragione alla nonna sottolineando come “nel diritto al rispetto della vita familiare rientrino anche i rapporti dei nonni con i nipoti” – chiarisce il Sole 24 Ore .

I ritardi nelle visite che la donna richiedeva dal 2016, non erano stati garantiti a causa di un “problema sistemico dell’Italia” sottolinea la Corte, ma come riporta il Sole 24 Ore, in questo ritardo la Corte ha ravvisato quella mancanza di “diligenza” ancora più importante perché al centro della vicenda si trovava un minore.

Esclusa invece da parte della Corte di Strasburgo la possibilità che le misure di allontanamento fossero state prese a causa di possibili discriminazioni derivanti dall’etnia rom del marito della donna.