Uno sfregio alla maternità. Il caso della pallavolista incinta citata per danni

Brutta vicenda quella della pallavolista Lara Lugli, rimasta incinta, sospesa dal club e, quindi, citata per danni dopo aver richiesto per mesi il pagamento dell’ultimo stipendio mai arrivato

Si parla tanto di inclusione, diritti, parità… E poi, ancora oggi, proprio nei giorni vicini alla ricorrenza della “festa della donna” capita di imbattersi in notizie come quelle che riguardano la pallavolista Lara Lugli.

Perdere il posto per una gravidanza

È la stessa giocatrice a rendere nota la vicenda con un post su Facebook in cui racconta quanto accaduto mentre militava nel Volley Pordenone, squadra di B-1 che inizia la stagione 2018-19 con ambizioni di playoff.
Lara è una delle schiacciatrici quando, a marzo 2019, scopre di essere incinta. Lo comunica alla società che, come succede quasi sempre in questi casi, interrompe il contratto. Già questo potrebbe sembrare strano ma, nell’ambiente, è una prassi piuttosto consolidata. Non è questo, infatti, a innescare “il caso”: Lara, che ha 38 anni, resta a casa e, purtroppo, dopo circa un mese ha un aborto spontaneo e perde il bambino.
Al periodo, già di per sé difficile, si aggiunge il fatto che Lara ancora non ha ricevuto l’ultimo stipendio di febbraio. Ne parla con il suo avvocato che, dopo diversi solleciti, decide di far partire un’ingiunzione.

La citazione per danni da parte del club

È a questo punto che il club reagisce come non ci si aspetterebbe, impugnando l’ingiunzione e rispondendo addirittura con una citazione per danni alla Lugli. La sua colpa? “Aver taciuto al momento della trattativa contrattuale l’intenzione di avere dei figli”. Non solo, il team rincara la dose affermando che la pallavolista sarebbe potuta tornare in campo per gli ultimi due mesi della stagione, cosa che, invece, non ha fatto.
Peccato che secondo Lara nessuno le abbia mai chiesto di tornare, come ha confermato lo stesso presidente del club alla Gazzetta dello sport: “Chiederle di tornare in campo? Io non l’ho fatto di certo. Eravamo anche molto tristi per quello che le era successo”.

Al di là di questo risvolto “umano”, però, il club tiene a difendersi, visto il polverone alzato dalla vicenda, ma la giustificazione apportata dipinge un quadro forse ancora peggiore. Perché potrebbe essere anche vero che la squadra ha solo “applicato il contratto”, ma questo significa che il contratto prevedesse un’interruzione immediata in caso di gravidanza.
Il Presidente del Volley Pordenone, sempre alla Gazzetta dello sport, lo ribadisce: “Solo quando ci è arrivata l’ingiunzione di pagamento ci siamo opposti e abbiamo attivato le clausole del contratto. Citare le parole del freddo atto serve a farci sembrare dei mostri, quando invece ci siamo solo difesi di fronte alla richiesta di un rimborso non dovuto”.

Parole che, al di là del caso specifico in questione, scoperchiano una situazione di fatto che tante, troppe, volte si verifica nel mondo dello sport e, più in generale, del lavoro. La stessa Lara ha rivelato di aver ricevuto tanti messaggi da ex compagne e colleghe a cui è successa la stessa cosa. Evidentemente “inclusione”, “diritti” e “parità” sono belle parole solo fin che rimangono nella teoria.