Le carte inutili dell’adozione: 13 anni di colloqui!

Franco scrive:

Sarò sintetico e quindi drastico. Sono padre di 3 figli adottivi (3 diverse adozioni), ho fatto i primi colloqui nel 1994, e gli ultimi nel 2007. Decine e decine di colloqui di ogni genere. Decine e decine di pagine su di noi. Nel 2009 il nostro secondo figlio ha avuto qualche problema. Il tribunale dei minorenni, interessato dagli stessi servizi, ha emesso un decreto che metteva un grave dubbio sulle nostre capacità genitoriali. Altre decine di colloqui, a noi ed ai nostri figli singolarmente. Dopo 2 anni ci viene nuovamente riconosciuta la capacità di essere genitori. Ma tutti i colloqui precedenti a cosa sono serviti allora? Le decine di relazioni di psicologi, assistenti sociali ecc. ecc. consegnate al tribunale dove sono finite? Chi le ha poi lette davvero quando serviva? È davvero sconfortante.

 

Carissimo Franco,

vorrei poterti esprimere tutta la mia vicinanza. Chi meglio dei responsabili e delle famiglie di Ai.Bi. può capire quello che dici e sapere che cosa vuol dire? Dalle tue parole così nette si comprende tutto il rammarico per un grandissimo lavoro (decine e decine di colloqui, messa in gioco delle proprie capacità…) continuamente rimesso in discussione dagli operatori psicosociali e dal tribunale. È sconfortante sapere che, dopo aver tanto scritto sul vostro caso, non vi abbiano fatto capire come tutto questo sia stato impiegato, compreso, valorizzato e considerato di aiuto! Carte superflue, dove viene meno la nostra reale identità e da cui talvolta gli operatori non sanno estrarre le nostre sofferenze, le nostre fatiche, gli sforzi di un’intera famiglia.

Il nostro percorso, la procedura, i nostri figli e le età che attraversano, le relazioni che mutano, il loro crescere, la loro storia complessa… Tutto ci mette continuamente in discussione come genitori. È la “norma” del nostro essere padri e madri, e il solo fatto di riuscire a reggere queste dinamiche, di condividerle nella coppia, di lasciarci trasformare per cercare sempre nuovi modi di essere nei nostri ruoli, danno il senso del vostro valore come famiglia. E non è certamente l’assenza di problemi a dare la misura della capacità di gestire adeguatamente i figli, bensì la capacità di affrontarli quotidianamente, con una forza che non ci viene data certamente da un’équipe di operatori sociali né da un tribunale, ma dall’amore per i nostri figli, tanto desiderati e tanto amati.

In bocca al lupo!

Elisabetta Rigobello, Psicologa e Psicoterapeuta di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini