Lettera al direttore. Una coppia di fatto può prendere in affido un minore?

Buongiorno Ai.Bi.

Sono un’insegnante 35enne. Non sono ancora sposata, ma convivo da 5 anni con il mio compagno che di professione è architetto. Non abbiamo ancora bambini e pensiamo di non averne prima del matrimonio. Tuttavia, abbiamo il desiderio di aiutare un minore in difficoltà, anche temporaneamente. Pertanto la nostra attenzione è stata rivolta verso l’affido familiare. Non sappiamo però se questa sia una strada percorribile per una coppia “di fatto”, ovvero non sposata, come la nostra. Quindi vorremmo sapere se la legge attualmente in vigore consente anche a una coppia di fatto di prendere in affido un minore.

Grazie per le informazioni!

Sara

 

 

giudiceCara Sara,

esplicitamente la legge 184/1983 sembra non richiedere il matrimonio come requisito per diventare affidatari. Le linee guida diffuse in materia da enti locali e coordinamenti di associazioni non escludono, e talora anzi prevedono espressamente, le coppie non coniugate tra i possibili affidatari.

La Sua domanda, tuttavia, è estremamente interessante in questo particolare momento storico.

Infatti, mentre la legge disciplina l’affidamento familiare come misura temporanea, la prassi ha dimostrato che in moltissimi casi l’affidamento perde, nel corso del suo svolgimento, il carattere di soluzione provvisoria. Oggi la situazione è andata oltre ed è in fase di approvazione in Parlamento il disegno di legge sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare che attribuisce alle famiglie affidatarie una “precedenza” rispetto ad altre coppie adottive nel caso in cui il bambino in affidamento venga dichiarato nel frattempo adottabile. La condizione è tuttavia che la coppia abbia i requisiti dell’art.6 della legge 184 sul matrimonio e i limiti di età.

Se è certo che queste modifiche normative possono essere ben accolte, essendo volte alla tutela dei legami già instauratisi, è pur vero che aprono nuovi scenari: la possibilità che gli affidatari presto avranno rispetto ad una futura adozione del bambino loro affidato impone di tenere conto della necessità di evitare traumi affettivi al minore per ripetuti distacchi. Gli operatori avranno quindi la grande responsabilità di dover scegliere gli affidatari con particolare cautela.

In quest’ottica l’art. 2 della legge 184 sui requisiti degli affidatari acquista una dimensione del tutto nuova. Secondo la norma “Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell’articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno”.

Le regole del diritto sulla interpretazione della legge, indicano il significato letterale quale primo criterio da applicare e, anche se la moderna società conosce altri tipi di famiglia, stando alla Costituzione (articolo 29 comma 1) la “famiglia” è una “società naturale fondata sul matrimonio”. Sempre dal punto di vista letterale, l’articolo 2 parla di “una persona singola” e non di due o più persone singole: è infatti evidente l’importanza di riferimenti chiari per il bambino affidato, mentre il rischio di rottura del legame di coppia con l’allontanamento improvviso, sempre possibile, di uno dei due soggetti che formano le coppie di fatto, è idoneo a produrre traumi che, nei minori affidati – già ampiamente provati – va assolutamente evitato. L’esigenza di stabilità dei minori è infatti un principio cardine nella materia dell’affidamento familiare e appare irrinunciabile già negli atti dei lavori preparatori della legge di riforma 149/2001. Sotto questo aspetto, pur essendo imprescindibile una “conoscenza” concreta da parte dei servizi competenti delle persone che si propongono come risorsa disponibile all’affidamento familiare, il progetto di accoglienza delle persone coniugate o che almeno contemplano nel proprio futuro un impegno coniugale, acquista una dimensione di stabilità che le altre coppie evidentemente non garantiscono, almeno dal punto di vista giuridico, essendo noti gli impegni e doveri che anche il codice civile prevede e che non si applicano a famiglie non impegnate attraverso il matrimonio.

In altre parole, anche se nella prassi i servizi socio assistenziali degli enti locali non si limitano a disporre l’affidamento solo alle famiglie suggellate dal vincolo del matrimonio, il dato normativo si oppone nella sostanza a questa prassi.

Per tutti questi motivi, cara Sara, confermiamo che i servizi sociali e le associazioni familiari valuteranno di certo la disponibilità Sua e del Suo compagno e le vostre capacità di accoglienza attraverso l’affidamento. Saranno loro a considerare se possiate essere una risorsa utile rispetto ai bisogni riscontrati sul territorio di loro competenza.

Il nostro consiglio è tuttavia di tenere seriamente a mente che i bambini e ragazzi, soprattutto perché in difficoltà familiare, hanno diritto alla stabilità.

Nel vostro caso, cara Sara, è importante leggere che Lei e il Suo compagno considerate il matrimonio fra i Vostri futuri programmi.

 

Ufficio Diritti di Ai.Bi.