Libro Bianco: Terzo Settore, punto di forza del modello sociale italiano. E il Quarto Settore?

(Milano) Un Libro dedicato ai giovani e alle famiglie, che mette al centro la persona e le sue relazioni e disegna un welfare “delle opportunità e delle responsabilità”. È questa l’ispirazione del Libro Bianco approvato, mercoledì 6 maggio, dal Consiglio dei Ministri e presentato dal Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali Maurizio Sacconi.

Nel Libro Bianco il Terzo Settore viene definito “punto di forza del modello sociale italiano, ancor più rilevante per le sue potenzialità”. “Non si tratta solo di un soggetto terzo, erogatore di servizi tra Stato e mercato in un ruolo di supplenza, ma di un attore particolare, capace di produrre relazioni e di tessere i fili smarriti della comunità” si legge nel documento. Quanto al suo ruolo nel welfare, può essere di primo piano perché è “flessibile” ma soprattutto rappresenta “un patrimonio di esperienze e di partecipazione che non si può disperdere”.

Secondo l’Istat in Italia il mondo del Non Profit è cresciuto del 152% dal 1995 al 2003. E per ogni organizzazione che ha cessato la sua attività, ne sono nate in media altre 10.
“Terzo settore”, “terzo sistema”, “economia solidale”: è tutto un alternarsi di etichette. Le tante definizioni fanno già capire che esistono una miriade di realtà: il volontariato “puro” (in cui chi vi lavora non riceve alcun compenso), le cooperative sociali, le Organizzazioni non governative, le Associazioni di promozione sociale e così via.

“E’ questo il problema – afferma Marco Griffini, Presidente di Ai.Bi. – il Terzo Settore è diventato un universo che raggruppa realtà troppo differenti tra loro (Fondazioni bancarie, società cooperative, Organizzazioni non governative, associazioni di volontariato, etc) in cui i movimenti e le associazioni familiari stentano a riconoscersi.

Se il volontariato puro ha una sua identità occorre che venga finalmente istituito un Quarto Settore che lo disciplini, lo regolamenti e lo distingua dal Terzo Settore che produce invece beni e servizi ad alto valore sociale, ma pur sempre di mercato.

Certo, l’esito forse più soddisfacente sarebbe quello di unire la professionalità e le dimensioni del Terzo Settore sopra delineato con lo spirito e il rigore morale del Quarto, allo stesso modo di come, nelle imprese profit di successo, proprietà e management sono riuscite a crescere insieme. Ma per raggiungere questo scopo dobbiamo iniziare a ragionare sui processi in atto per capirne le ragioni di fondo e potere arrivare a governarli, e non più a subirli, il prima possibile.”

Si deve prendere atto che è cambiato il volto del Non Profit a causa di un aziendalismo forzato del settore. Prendiamo l’esempio delle associazioni: oggi ciò che conta per un’organizzazione non sono tanto i volontari, ovvero le persone che donano il loro tempo libero per partecipare alla missione dell’associazione, bensì i sostenitori, ossia coloro che sostengono economicamente le attività dell’associazione.

In tal senso il Terzo Settore ha vissuto un passaggio dalla cultura del dono, propria del volontario, a quella del sostegno, propria del sostenitore. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: la logica del sostegno ha indebolito la partecipazione propriamente politica, in quanto la responsabilità del sostenitore si esaurisce con un contributo economico che lo svincola così dal coinvolgimento nelle attività dell’associazione. La partecipazione viene così sostituita con la donazione. Tale dinamica esclude coloro che non hanno i mezzi e la disponibilità per sostenere le associazioni.

Altro elemento che ha cambiato la fisionomia del Non profit riguarda le figure che operano nel settore. Oggi il Terzo Settore tende a far svolgere gli interventi e le attività a consulenti, professionisti e collaboratori lontani da quella logica di servizio e gratuità che caratterizza il lavoro del volontario. In questo modo si mettono da parte, però, risorse preziose che in passato costituivano la spina dorsale delle organizzazioni del Non Profit. Basti pensare agli investimenti pubblicitari di tante associazioni che preferiscono utilizzare strumenti di comunicazione e raccolta fondi propri delle imprese per far conoscere la propria missione e sollecitare i sostenitori a donare sempre di più, anziché utilizzare il lavoro dei volontari.

E’ per questo che oggi è necessario un riconoscimento e una regolamentazione del Quarto Settore.