L’Onu condanna i trovatelli

Le Nazioni unite contro le ruote degli esposti

Il primo trovatello milanese è stato battezzato Mario. Non sulla scia dell’entusiasmo per l’Europeo di Balotelli, tantomeno in omaggio al primo ministro Monti. Ma, nel rispetto della tradizione passata, al Santo del giorno. In questo caso la martire vergine santa Maria Goretti.
Il 6 luglio 2012 è stata la prima volta che la Culla della vita della clinica Mangiagalli di Milano ha accolto un bambino. Lasciato con tre tutine ripiegate e un biberon.

IN EUROPA CIRCA 250 RUOTE. La moderna ruota degli esposti si presenta come un freddo sportello di metallo e cela una culla riscaldata e collegata a un allarme che avverte il personale medico-sanitario: permette insomma, di abbandonare i neonati in maniera anonima, assicurando loro le prime cure.
Il sistema, nato nel Medioevo, diffusissimo nell’800 e via via abbandonato, è tornato in auge nell’Europa degli anni Duemila, dove oggi se ne contano circa 250 in almeno 12 Paesi.

LA CONDANNA DELL’ONU. «Violato il diritto di conoscere i genitori». Lo strumento è più controverso di quello che si potrebbe pensare: proprio a giugno, la commissione per i diritti dell’infanzia delle Nazioni unite ha condannato il rifiorire delle ruote.
I bambini, hanno spiegato gli esperti dell’Onu, hanno il diritto di essere educati dai loro genitori. E sostenere questo sistema, come fanno molti movimenti di destra e di ispirazione cattolica, è un alibi per non investire nelle politiche a tutela della famiglia. Il dubbio che la reintroduzione delle ruote sia il segno tangibile – e suo modo drammatico – della crisi del sistema di welfare e della caduta del livello di benessere è legittimo. Tanto più che la sua diffusione è concentrata soprattutto nell’Europa dell’Est post comunista e, in seconda battuta, nei Paesi di tradizione cattolica.

CATTOLICI E POST COMUNISTI. Stando ai dati – parziali – delle Nazioni unite, le ruote sono infatti operative in Austria, Repubblica Ceca (sono 44), Slovacchia (16), Germania (99), Polonia (45) Ungheria (26), Lettonia, Lituania (8), Italia (8), Belgio (1) e Portogallo.
C’è chi le ha istituite nei municipi, chi negli ospedali, chi le ha ancora sui sagrati delle chiese. In tutto, dal 2000, sono stati raccolti attraverso il canale dell’anonimato più di 400 bambini.

VIOLATI I DIRITTI DEI BIMBI. Ma le Nazioni unite sostengono che questo sistema violi l’articolo 7 della Convenzione internazionale dei diritti sull’infanzia, che obbliga lo Stato «a rispettare il diritto dei bambini di mantenere la relazione con i propri genitori».
Un diritto che in alcuni Stati, come la Germania, è tutelato persino dalla Costituzione. E la cui violazione, secondo il comitato di 18 esperti, potrebbe mettere in discussione l’adesione dei Paesi alla Convenzione Onu.

La dura presa di posizione del Palazzo di vetro ha scatenato la reazione di un gruppo di europarlamentari del Partito popolare europeo (Ppe), guidati dal vicepresidente Manfred Weber.
In una lettera al quotidiano britannicoGuardian, che aveva affrontato il caso, gli eurodeputati conservatori hanno difeso l’efficacia delle baby boxes: «Offrono una soluzione a quelle donne che vogliono mantenere segreta la loro gravidanza e hanno paura di esporsi».
Weber ha argomentato: siamo di fronte a una «contrapposizione tra diritti», ma in questo scontro «la salute del bambino è prioritaria rispetto al desiderio di conoscere la sua famiglia».

ARGOMENTI MEDIEVALI. E il dibattito è acceso: Maria Herczog, uno dei membri del comitato Onu, ha ribattuto che gli argomenti in favore delle ruote sono gli stessi che venivano sfoderati nel Medioevo: «Dicono che prevengano l’infanticidio, ma non c’è niente che provi questa tesi».

Secondo la psicologa, piuttosto, servirebbero migliori politiche a favore della famiglia e delle donne.
ANCHE I PADRI ABBANDONANO. Altre ricerche, come quelle compiute da Kevin Browne del Centro per la psicologia della famiglia dell’Università di Nottingham, dimostrerebbero come non sempre sono le giovani madri in difficoltà economica a utilizzare le ruote. Le indagini svolte in Ungheria, per esempio, dicono che a decidere per l’abbandono sono spesso i padri. Anche contro la volontà delle loro compagne.

(di Giovanna Faggionato, 10 Luglio 2012)