Marocco. “Ecco com’è il figlio a distanza: dalla sua fotografia al primo incontro”

marocco ragazzi 400 286A definire “a distanza” il rapporto di Adel (nome di fantasia) con la sua sostenitrice Anna sembra di fare quasi un torto. Perché a dispetto di quello che viene chiamato “Sostegno a Distanza”, Anna ha voluto diventare una mamma speciale per questo ragazzo marocchino che, rimasto orfano, ha conosciuto l’istituto fin da quando era piccolissimo. E oggi, che Adel ha quasi 20 anni, il loro rapporto non accenna a scolorirsi: anzi, si rafforza ogni giorno di più del colore di un amore che solo una famiglia può donare a chi un papà e una mamma non li ha praticamente mai avuti.

Era il 2006 quando Anna e Paolo, due coniugi della provincia di Treviso a cui la vita aveva già donato due bei figli biologici, decidono di dedicare parte del loro tempo e delle loro risorse ad aiutare un bambino abbandonato, in qualche angolo sperduto del mondo. “Era da tanto che pensavamo di attivare un sostegno a distanza – ricorda oggi Anna -, ma sinceramente non ci fidavamo di nessuno. Poi abbiamo visto la trasmissione ‘Amore’, condotta da Raffaella Carrà su Rai1 che promuoveva proprio questa forma di aiuto ai bambini dei Paesi più poveri. Tramite loro ci siamo messi in contatto con Ai.Bi. Abbiamo capito subito che si trattava di una cosa seria e siamo stati assegnati ad Adel”.

Quest’ultimo, all’epoca, aveva 11 anni e viveva nel centro Meknes, una delle strutture per minori orfani o abbandonati con cui Amici dei Bambini collabora in Marocco.

Dopo 3 anni, nel 2009, è avvenuto il primo incontro. Mamma Anna e sua figlia sono partite alla volta del Nord Africa e, con l’aiuto della referente di Ai.Bi. in loco, Daniela, hanno finalmente conosciuto quel figlio a distanza al quale, fino a quel momento, avevano potuto inviare solo biglietti di auguri. “Ci siamo trovati davanti a un bambino timidissimo – racconta Anna -, che teneva gli occhi bassi e all’inizio quasi rifiutava di abbracciarci. Era evidente che avesse qualche piccolo problema, fisico e personale”.

Da allora mamma Anna va a trovarlo in Marocco almeno 2 volte all’anno. “Ho deciso di dedicare le mie vacanze e una parte delle mie risorse proprio  a lui”. Anna e Adel, in questi anni, hanno avuto modo di presentare ognuno il proprio mondo all’altro. “Andando spesso a Meknes – dice lei – ho conosciuto la sua realtà e ogni volta che andavo a trovarlo cercavo di fare per lui quello che farebbe una mamma vera, come per esempio accompagnarlo al medico o andare al mare con lui. Qualche anno fa, poi, lui è venuto a Treviso per trascorrere con noi il Natale”. L’ultima visita di mamma Anna è recentissima: tra fine giugno e inizio luglio, in occasione del compleanno di Adel. E quando sono lontani, il rapporto non si interrompe di certo. “Se non riusciamo a comunicare a parole – spiega Anna -, dato che lui parla solo la sua lingua, lo facciamo con le ‘faccine’ del cellulare che mia madre, ovvero sua nonna, gli ha regalato”.

Ora Adel ha 20 anni. Che progetti hanno per lui mamma Anna e papà Paolo? A casa nostra, lui ha il suo armadio e le sue cose – premette lei -, ma questo non vuol dire che intendiamo convincerlo a trasferirsi in Italia. La situazione economica non è delle migliori neppure da noi: non sarei in grado di garantirgli la sicurezza di un lavoro. Al momento preferisco che rimanga nel suo Paese e si costruisca un futuro lì, nel sua comunità”.

Ma come può una famiglia normale come quella di Anna e Paolo portare avanti un impegno così speciale? La spiegazione è di una semplicità disarmante: “Basta rinunciare a qualcosa di superfluo per noi per donare qualcosa di essenziale a chi ne ha bisogno”. Un esempio? “Abbiamo scelto di non abbonarci alla pay-tv e di andare una volta in meno dal parrucchiere: in cambio oggi, Adel, ci abbraccia forte!”