Matrimonio in chiesa in tempi di Coronavirus: perché no?

Le parole di don Marco Vianelli, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale familiare: “Amore per sempre dono da condividere”

Nella Fase 2 dell’emergenza Coronavirus torna a potersi celebrare anche il matrimonio in chiesa. Certo, con qualche restrizione. Un protocollo della CEI – Conferenza episcopale italiana, controfirmato lo scorso 7 maggio dal Governo, prevede infatti che a partire dalla data di lunedì 18 maggio 2020 sarà possibile la ripresa delle celebrazioni eucaristiche e di alcune cerimonie tra cui i battesimi e, per l’appunto, i matrimoni. Certo, permarranno importanti restrizioni. Così molti sono i futuri sposi con una data fissata prima dell’estate che hanno deciso di rinviare il tutto in autunno. O, addirittura, al 2021.

Matrimonio in chiesa in tempi di Coronavirus: non tutti optano per il rinvio

Secondo i dati di Unimpresa Moda, sette fidanzati su 10 avrebbero già rinviato le nozze al prossimo anno, con un impatto negativo stimato sui ricavi del settore wedding stimato in centinaia di migliaia di euro. Diverso invece il parere di un sondaggio diffuso da alcuniorganizzatori di eventi, o, per meglio dire, wedding planner, per i quali il 51% delle coppie avrebbe deciso di non spostare la data prestabilita. Ma cosa è giusto fare? Bisogna privilegiare l’aspetto sacramentale a discapito della festa, un momento che coinvolge tradizionalmente famiglie e amici e rimane indelebile?

Matrimonio in chiesa in tempi di Coronavirus: bene anche aspettare la festa

Padre Marco Vianelli, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale familiare, invita a non rinunciare al momento di gioia legato all’evento. “Se è molto bello pensare che ci siano fidanzati che, alla luce della circostanze di questi mesi, hanno deciso di puntare tutto sulla dimensione sacramentale è altrettanto comprensibile la decisione di coloro che non intendono rinunciare alla festa, che è poi la parte sociale di una cerimonia che vive allo stesso tempo, del momento liturgico e di quello pubblico”.

“Ci sono due fidanzati – prosegue Vianelli – che desiderano comunque sposarsi perché ritengono che il loro rapporto sia arrivato a un punto tale di aver bisogno della compagnia sacramentale del Signore? Benissimo. Non può che essere una scelta lodevole perché significa che quei due giovani ci restituiscono il senso profondo di un amore che trova la sua centralità nella fede. D’altra parte è comprensibile anche la posizione di coloro che fanno fatica a rinunciare alla festa, alla presenza della famiglia e degli amici. Anche dal punto di vista ecclesiale il matrimonio non si può ridurre solo alla dimensione liturgica o peggio, a una scelta intimistica. Giusto pensare che l’amore per sempre sia un dono da partecipare e da condividere in una circostanza collettiva”.