Max Laudadio: lotto perché l’adozione non sia più un’impresa titanica

Ha fatto anche numerosi lavori, dall’animatore nei villaggi turistici all’autore, dal produttore al conduttore radiofonico, ma se c’è una cosa che ha preso dannatamente sul serio è il mestiere di padre:«Trovo assurdo che ci vogliano così tanti anni (in molti casi dai quattro ai sei) per adottare un bambino, che ha sempre bisogno dell’affetto di una famiglia».

Da tempo Max Laudadio ha intrapreso la strada per adottarne uno: quando, scioccato, è tornato da un servizio giornalistico in Romania sul blocco delle adozioni internazionali. «Accadde quattro o cinque anni fa. Riuscimmo alla fine a far presentare un’interrogazione al Parlamento europeo che fece riaprire le frontiere».

Fin da allora Max ha seguito gli appelli dell’associazione Ai.Bi. Amici dei Bambini, che dal 1986 si batte per risolvere l’emergenza abbandono e che oggi ha venticinque sedi divise tra Est Europa, Africa, Asia e America. E ha deciso di muoversi in prima persona, tentando di salvare qualcuno di questi piccoli seguendo proprio l’istinto paterno. Il concetto di famiglia unita se lo coccola fin da piccolo, quando, all’età di sei anni, si faceva domande cui non sapeva darsi risposte: «Mi chiedevo come si potesse vivere senza un papà e una mamma. Mi sembrava una cosa insormontabile. Allora non è che potessi immaginarmi che alle volte accade per violenza, o magari perché i genitori hanno avuto un serio problema con la legge o, ancora, perché sono morti. Già all’epoca, davanti all’ipotesi terribile che qualcuno potesse stare senza genitori, pensavo che, prima o poi, avrei adottato un bambino».

Ed è ciò che sta facendo o, almeno lo spera. Spiega che un’adozione di questi tempi è una specie di impresa titanica, fin dai primi passi. «E questo per la lunghezza delle pratiche – dice Max –. La burocrazia è assurda. La legge in vigore va cambiata, sveltita».

(Riproduzione parziale da Visto, Edoardo Montolli, 21 giugno 2012)