Mediterraneo, il drammatico racconto dei superstiti dell’ultimo naufragio: “Partiti in 600, ci siamo salvati in 41”

naufragioSostegno a distanza Bambini in Alto Mare – Negli occhi del mondo c’erano ancora le immagini gioiose di papa Francesco in visita ai migranti sbarcati a Lesbo, insieme al patriarca Bartolomeo e all’arcivescovo Hierònymus: l’abbraccio del Pontefice a quelle famiglie fuggite dalla guerra e dalla miseria e la scelta di portarne in Vaticano un piccolo gruppo a cui garantire un futuro di pace. Ma poche ore dopo, a quel messaggio di speranza si è sostituita di nuovo la disperazione. La disperazione di quei 41 migranti tratti in salvo dall’ennesima tragedia nel Mediterraneo che raccontano dei loro compagni affogati in mare. E questa volta il numero delle vittime è tremendo: non ci sono ancora dati ufficiali, ma tutto lascia pensare che le vittime del naufragio di lunedì 18 aprile siano almeno 500.

Per il momento, né la Guardia Costiera italiana né quella greca confermano queste cifre, ma le parole dei 41 sopravvissuti lasciano poche speranze. Una volta giunti sull’isola ellenica di Kelemata, i superstiti hanno detto di essere partiti quasi in 600 da un’insenatura in Egitto. Una volta giunti al largo, i barconi sono affondati, portando con sé, sul fondo del mare, quasi tutto il loro carico umano di sofferenza e di speranza.

Se confermata, questa sarebbe una delle peggiori tragedie della migrazione attraverso il Mediterraneo: esattamente un anno dopo il naufragio che costò la vita a 700 persone nel Canale di Sicilia (era il 18 aprile 2015) e di proporzioni maggiori anche della strage del 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa. A togliere speranza arrivano in serata le informazioni ufficiali del governo somalo che parla di 200/300 propri cittadini dispersi. A loro andrebbero aggiunte decine di eritrei, etiopi e altri subsahariani.

E non è l’unica triste notizia arrivata nelle stesse ore da un Mediterraneo in burrasca. Altri 6 migranti, infatti, sono morti al largo delle coste libiche mentre viaggiavano a bordo di un gommone diretto verso l’Italia. Quasi contemporaneamente 108 persone venivano salvate  in un’operazione di soccorso coordinata dalla Guardia Costiera italiana.

Rispetto a un anno fa, i dati sui viaggi della disperazione hanno toccato picchi drammatici. Nel solo mese di marzo l’agenzia europea Frontex ha contato 9.600 sbarchi in Italia, quattro volte i 2.283 arrivi dello stesso mese del 2015.

Mentre sul fronte geopolitico è da registrare che la crisi libica ha spostato i flussi migratori verso le coste egiziane, le aree di provenienza dei migranti restano in sostanza le stesse: Nigeria, Gambia, Somalia, Eritrea. “Le partenze avvengono ancora soprattutto dalla Libia, ma crescono anche quelle dall’Egitto – conferma Christopher Hein del Cir -, con molti minori imbarcati e grandi pericoli per la vita dei profughi.

I minori, appunto. Emergenza nell’emergenza, i giovanissimi migranti che affrontano la traversata da soli, senza adulti di riferimento, sono una componente drammaticamente numerosa dei flussi migratori. Sono i soggetti più fragili non solo nel corso del viaggio, ma anche dopo lo sbarco, qualora riescano a sopravvivere alla loro odissea. Migliaia di loro, infatti, fa presto perdere le proprie tracce, finendo nel tunnel dello sfruttamento e dell’illegalità. Questo a causa di un’accoglienza quasi mai a misura di minore. Da qui l’esigenza di garantire ai minori stranieri non accompagnati, alle mamme sole con bambini e alle famiglie di richiedenti asilo con figli il diritto a un’accoglienza giusta. È questo l’obiettivo centrale del progetto Bambini in Alto Mare, a cui tutti noi possiamo contribuire attivando un Sostegno a Distanza: un piccolo supporto per dare speranza a chi ha visto la morte in faccia e che sogna soltanto una terra in cui essere accolto.

 

Fonte: Avvenire