Migrazione. Le lacrime di coccodrillo dei prefetti: “Siamo soli”. Ma intanto le Associazioni familiari restano inascoltate

migrantiL’accoglienza dei migranti torna di attualità in questi giorni, per ragioni diverse da quelle auspicabili. Prima l’affaire che è esploso nella seconda ‘puntata’ dell’inchiesta “Mafia capitale”, poi lo scontro tra Stato e Regioni.

E siamo alle solite. Da un lato milioni di persone disperate che sulle coste libiche cercano di raggiungere il nostro Continente, dall’altro l’Italia che si appella al senso di responsabilità e solidarietà di Bruxelles.

Ma poi in casa nostra è tutto uno scaricabarile. Protagonisti di una battaglia a suon di lettere protocollate i  Governatori di tre regioni del nord (Lombardia, Liguria e Veneto) e i prefetti, che rappresentano lo Stato a livello periferico. Roberto Maroni ha inviato la lettera ai prefetti, in cui chiede di non assegnare altri profughi ai comuni lombardi. Claudio Palomba, presidente del Sinpref, associazione sindacale dei funzionari prefettizi, replica a muso duro al ex inquilino del Viminale: “I prefetti della Lombardia non rispondono certo al governatore, con tutto il rispetto per Maroni: è una materia di competenza dello Stato e i prefetti si attengono alle direttive che arrivano dal Ministero dell’Interno e dal governo”. E pensare che la soluzione della distribuzione equa sull’intero territorio nazionale dei migranti, con le cosiddette “quote interne” fu ideato proprio da Maroni, ai tempi in cui occupava la poltrona su cui adesso siede Angelino Alfano al Viminale. Ma tant’è.

Altra voce è quella di Antonio Corona, presidente dell’Associazione prefettizi (uno dei sindacati della categoria) e prefetto di Lodi che nel sottolineare come la faccenda politica vada risolta a livello nazionale, denuncia la solitudine dei prefetti: “Soli siamo e soli rimaniamo. In provincia di Lodi, per esempio, solo un comune ci sta aiutando” e poi ringrazia il terzo settore, senza il quale- scrive- “non sapremmo come accogliere i migranti”.

Già. Ma c’è qualcosa che non torna, visto che poi le Ong attive nell’accoglienza vengano sistematicamente ignorate e i loro manifesti vegano buttati nel cassetto. Anche quando sono in grado di agire creando una rete di cittadini più solidali dei loro amministratori.

Non c’è nessuna ragione ammissibile per trascurare la disponibilità che migliaia di famiglie italiane hanno offerto per accogliere i più deboli tra i migranti, i minori stranieri non accompagnati o le mamme con i loro bambini. Ma al di là delle parole di stima, e delle dichiarazioni di principio, si preferisce alimentare il business miliardario di chi si arricchisce sulle spalle dei migranti.

Sembrano lacrime di coccodrillo quelle di chi potrebbe firmare la svolta nell’accoglienza ‘Made in Italy’, ma nemmeno prende in seria considerazione le proposte ‘low cost’ della parte migliore del nostro Paese, quella di chi al cinismo replica con l’empatia, allo scaricabarile ribatte rimboccandosi le maniche, al campanilismo risponde con l’universalità della solidarietà.