Milano. Valentina, il miracolo dopo l’incubo-tumore: “Per i medici era impossibile che io avessi un figlio. Invece lui è arrivato”

mamma anonima“Io di lui non mi stanco mai. Anche quando la notte si sveglia e non mi fa chiudere occhio. Lo guardo e tutto si risolve”. Del resto, “lui” non avrebbe potuto neanche nascere. E invece è arrivato, a ridare finalmente il sorriso alla sua mamma. “Lui” è Amrin, un bambino di 2 mesi dal nome tedesco, scelto per un motivo ben preciso che ha che fare con la vita della sua mamma. Amrin vive a Milano ed è figlio di papà Lorenzo e mamma Valentina.  Che l’ha concepito naturalmente, nonostante anni e anni di terapie che solitamente, nei pazienti giovani, hanno come effetto collaterale la sterilità.

Il miracolo è stato preceduto da due incubi, chiamati linfoma di Hodgkin e leucemia mieloide acuta che Valentina ha dovuto affrontare tra il 2010 e il 2013.

Tutto inizia proprio nel 2010. Fino a quel momento, per Valentina, allora 26enne, le preoccupazioni erano la laurea in Beni Culturali e il lavoro da trovare. Poi quella diagnosi: linfoma di Hodgkin, un tumore delle ghiandole linfatiche. “Difficile da digerire – ricorda oggi la neomamma -. Lo è per tutti, per carità. Forse però lo è ancora di più se non hai ancora 30 anni. Le terapie in day hospital sono durate 10 mesi, un anno di vita”. Nel 2011 sembra che lo scoglio sia superato. “Ma la vita certe volte, dopo una curva, non ti fa trovare una strada dritta”, riprende Valentina, a cui nel 2013 viene diagnosticata la leucemia mieloide acuta, forse un effetto collaterale delle terapie per il primo tumore. “Tutto è ricominciato – ricorda -: la chemio, la radio, l’immunosoppressione, il ricovero in ospedale: aventi e indietro per 4 mesi e mezzo, ogni volta in una stanza isolata, dove potevano venire a trovarmi per un’ora e solo bardati con mascherine e camici”.

La svolta nel 2013. Grazie a un uomo tedesco di Monaco di Baviera, che dona il suo midollo osseo per il trapianto. Il suo nome è Amrin. “Per pura generosità – sottolinea Valentina – si è prestato alla procedura e ha donato le sue cellule staminali, salvandomi la vita”. Per legge i due non si possono incontrare. “Però ci siamo mandati delle lettere – dice la neomamma -, usando lo Ieo e l’ospedale di Monaco come caselle di posta. Adesso voglio scrivergli di nuovo, per dirgli del mio Amrin, che porta il suo nome.

La rinascita di Valentina ha  raggiunto il suo apice ad aprile 2016. Quando ha scoperto che “lui” era in arrivo: “Gioie, paure, stupore… tutto insieme”, ammette. Anche perché le avevano detto che, per lei, avere un figlio per via naturale sarebbe stato impossibile. “Tutti i medici erano d’accordo – ricorda – tanto che preventivamente avevo anche congelato gli ovociti. E invece non c’è stato bisogno di fare nulla: senza che me lo aspettassi, lui è arrivato”.

 

Fonte: la Repubblica