Moldova: “Grazie perché mi avete aspettato per 12 anni. Ora mi hanno adottata”

moldova_spalleUna lettera che viene da lontano ci restituisce la preziosità del nostro lavoro. Arriva dalla Moldova la mail che ha tutto il sapore di quei messaggi affidati al mare dentro una bottiglia, che restano in viaggio per anni. Roba da secolo scorso. Adesso i messaggi viaggiano sul web in tempo reale, ma l’effetto è lo stesso. Questa è la storia di un «grazie» che arriva nella nostra casella dopo dodici anni.

Sì, perché nella piccola repubblica dell’est Europa, chiusa tra la Romania e l’Ucraina, Ai.Bi. è presente da molti anni con progetti di cooperazione e sostegno a distanza. Irina (nome di fantasia) è nata nel 2001 da una mamma che da sola non poteva prendersi cura di lei. Ma la neonata aveva almeno la fortuna di poter contare su altri parenti disposti ad accoglierla.

Ai.Bi. dodici anni fa riuscì a evitare che la bambina fosse dichiarata in stato di adottabilità, proprio aiutando la sua famiglia d’origine.

Da qualche mese i suoi zii hanno deciso di adottarla. Hanno iniziato il percorso di formazione necessario, partecipando alla «Scuola dei genitori» che Ai.Bi. organizza presso la Direzione Municipale per la Protezione dei Diritti del Minore delle città moldave in cui siamo presenti.

L’esperienza è piaciuta tantissimo ai due aspiranti genitori. Così scrivono: «Avete fatto sì che non sentisse il trauma dell’abbandono e adesso, con la situazione creatasi nella sua famiglia, siamo noi ad offrirle il nostro amore e calore. Grazie ancora per aver fatto questo per lei e, non per ultimo, per noi!».

L’anno scorso Ai.Bi. ha trovato una famiglia a 211 di bambini. Sempre troppo pochi rispetto ai 168 milioni di minori abbandonati nel mondo. Tutte le volte che può, il presidente Marco Griffini ripete: «I bambini non sono numeri, ma i numeri sono importanti. Ogni bambino ha per noi un volto, un nome, una storia. Vogliamo essere vicino a ciascuno di loro, conoscere le loro vite, una a una». Perché li seguiamo singolarmente per tanto tempo, ma a un certo punto inevitabilmente li perdiamo di vista. Poi arriva una mail come questa e allora basta una Irina ‘ritrovata’ a restituirci il senso del nostro lavoro, a darci forza e entusiasmo per aiutare tanti altri che per noi ancora non hanno nome.