Papa Francesco incontra gli orfani disabili, piccoli abbandonati due volte. Anche da una società che non incoraggia le adozioni…

papa-corea-news12Mai come in questo caso un gesto vale più di mille parole. Lo ha capito perfettamente Papa Francesco, quando, sabato 16 agosto, durante il terzo giorno della sua visita in Corea del Sud, si è recato al Centro di Kkottongnae, a 90 chilometri a sud della capitale Seul. Qui ha incontrato malati, disabili, persone sole e soprattutto tanti bambini abbandonati che, a causa di politiche eccessivamente restrittive nel campo delle adozioni praticate nel loro Paese, rischiano di non poter trovare mai una famiglia che li accolga.  Per tutta la visita, durata un’ora e un quarto, Papa Francesco ha camminato scalzo, in segno di rispetto, secondo la tradizione locale.

 

Il Centro di Kkottongnae, fondato negli anni 70 da padre John Oh Wooong Jin, comprende ospedali, case di cura, scuole e residenze per disabili e malati, che danno ospitalità ad almeno 200 bambini. Tra queste strutture, Papa Francesco non poteva non fare visita alla scuola per l’infanzia abbandonata. Grazie all’impegno della Chiesa locale, vi sono ospitati circa 50 bambini nati da ragazze madri, molti dei quali affetti da patologie gravi, talvolta terribili, che li rendono non desiderabili neppure per l’adozione. Bambini di fatto abbandonati due volte. La prima, a opera dei propri genitori, a causa della loro malattia. La seconda, perché non rientrano nei criteri delle adozioni. “Purtroppo nella società coreana ancora si esita ad adottare un bambino disabile – racconta al Pontefice padre Gabriel, il religioso che gestisce la struttura, occupandosi anche di raccogliere fondi, alimentare la beneficenza e sostenere la rete di volontariato che vi ruota attorno –. Nonostante ciò, questi bambini vivono felici a Kkottongnae e ora godono anche la grazia di incontrare Lei”. Tra le politiche del Centro una posizione prevalente ce l’ha l’incoraggiamento delle adozioni. Peccato che non sia così per lo Stato coreano che non incentiva in alcun modo le adozioni internazionali e di fatto impedisce che a tanti bambini, e soprattutto ai più bisognosi, venga restituito il diritto a sentirsi figlio. Eppure il governo di Seul non dovrebbe neppure guardare molto lontano per trovare un esempio positivo da imitare: basterebbe seguire, ad esempio, il modello adottato in Cina, dove è stata ideata una corsia preferenziale per i minori con necessità speciali, il cosiddetto “canale verde”.

 

Il dolore di questi bambini, come dice padre Gabriel mentre presenta la “Casa della Speranza” al Papa, è immenso, a causa della malattia e del doppio abbandono. Bergoglio lo ascolta assorto, osservando meglio ciò che ha davanti. Sa bene che con questi bambini i discorsi di circostanza valgono davvero poco. Preferisce usare il linguaggio del cuore, che ha sempre il potere di arrivare a destinazione, senza sbagliare mai.

Anche perché, questi bambini – privati del diritto ad avere una mamma e un papà, accantonati come bambole rotte, forse appena tollerati dalla società a cui appartengono – non mancano di regalare un piccolo momento di gioia al loro ospite speciale. Si dispongono attorno a Papa Francesco e iniziano a danzare in circolo, lentamente, perfettamente vestiti nelle loro uniformi: camicia bianca per tutti, pantaloncini neri per i maschi e gonnellina nera per le femmine.

Al termine della danza, Bergoglio li abbraccia tutti uno a uno, come un nonno buono che guarda con amore questi piccoli bisognosi di tante cure.

 

Alla Casa della Speranza, il Pontefice decide di donare un’importante somma di denaro, accompagnata da una severa e precisa raccomandazione: “Fatemi sempre sapere come stanno questi bambini dolcissimi”.

Uscendo dalla struttura, prima di riprendere la sua visita in Corea del Sud, Bergoglio si ferma davanti alla stele e alle croci bianche che circondano la Casa della Speranza: è la collina dei bambini mai nati, rifiutati, abortiti.

 

Fonte: Il Messaggero