Perché Ai.Bi. vuole ridurre drasticamente il numero degli Enti Autorizzati?

Antonio scrive:
Firmare il Manifesto, ok, dare una mano, ok: ma prima c’è da capire cos’è questa storia di “mettere mano al numero degli enti per le adozioni internazionali”. Mi sembra strano che ci sia accanimento contro altri enti e non posso credere che un’associazione precisa come Ai.Bi. voglia infilare un colpo basso dentro una nobile proposta, come quella di fare più adozioni per salvare più bambini abbandonati. Vorrei mettere anch’io il mio nome sotto al Manifesto per la nuova adozione internazionale, ma prima vorrei capire, per favore.

Caro Antonio,

giustamente lei si chiede il perché della nostra proposta sugli enti autorizzati italiani, idea che potrebbe spaventare o venire intesa come mera guerra civile fra enti non-profit. Sappia che non viene dal desiderio di fare competizione selvaggia, bensì procede da osservazioni circostanziate e documentate che partono da un’amara consapevolezza: le adozioni internazionali in Italia costano troppo e stanno diventando riservate ai soli ricchi, penalizzando, anzi sprecando, la grande risorsa rappresentata dalle coppie che si mettono a disposizione per adottare.

Peraltro anche il Comitato dell’ONU per i Diritti dell’Infanzia ha evidenziato il problema, muovendo un appello al nostro Paese ed esprimendo preoccupazione per l’eccessiva e incontrollata quantità dei nostri enti autorizzati, 66 in totale. La lettera dell’ONU è stata inviata sotto forma di raccomandazione il 6 ottobre scorso. Se poi guardiamo fuori dal nostro orticello, in nessuno dei maggiori Paesi europei è stata concessa autorizzazione a un così grande numero di enti.

La misura che noi proponiamo mira a un unico grande obiettivo: il costo delle adozioni internazionali può e deve essere ridotto. Per raggiungerlo è indispensabile fare efficienza e questo transita anche per una riduzione degli enti.

Come lei sa la nostra proposta prevede di partire dalla definizione di requisiti qualitativi, ai quali gli enti si dovranno adeguare per poter continuare ad operare. Tra questi, oltre a regionalizzazione, certificazione di bilancio, sedi effettive nei Paesi, tracciabilità dei trasferimenti monetari e obbligatorietà delle attività di cooperazione, spicca l’istituzione di un numero minimo di mandati e di adozioni realizzate nell’anno solare: noi ne proponiamo 200.

Poste queste condizioni preliminari, al fine di ridurre le spese sarà necessario definire dei costi standard certi, congrui e, soprattutto, inferiori a quelli attuali

Questo determinerà una rincorsa dell’efficienza e porterà, come conseguenza, a un numero minore di enti più grandi, più efficienti e capaci di produrre economie di scala. Proprio questo è il punto chiave: un ente ben strutturato e organizzato, dotato di strutture residenti nelle regioni e nei Paesi, avrà l’opportunità di contenere il costo della singola adozione. Per fare un esempio, se un ente opera nel Paese X attraverso intermediari locali non potrà mai ridurre i costi, poiché gli intermediari richiederanno una cifra fissa per la singola adozione. Se invece un altro ente, nello stesso Paese, si dota di una propria struttura residente, avrà un costo fisso annuale sostanzialmente indipendente dal numero di adozioni realizzate e quindi, in sostanza, potrà ridurre progressivamente i costi a carico delle coppie all’aumentare del numero di adozioni realizzate. Queste sono le economie di scala che vorremmo realizzare!

Le ricordo infine che la riforma da noi proposta mira non solo alla riduzione dei costi ma addirittura all’istituzione di un sistema per fasce di reddito (criteri ISEE) che preveda la gratuità per i meno abbienti. Questo si realizzerà da un lato con l’efficienza degli enti e, dall’altro, attraverso l‘eliminazione di tutti quei passaggi inutili e ripetitivi a partire dai Tribunali dei Minori – che oggi gravano sul bilancio dello Stato non consentendo di intervenire con un supporto economico alle famiglie.

Marco Griffini, Presidente di Ai.Bi. Amici dei Bambini