Perché le Adozioni internazionali devono passare sotto la competenza del Ministero degli Affari Esteri?

bambiniAdozioneUn ‘trasloco’ a costo zero, ma con benefici enormi. Se le adozioni internazionali diventassero competenze del Ministero degli Affari Esteri (MAE), il pianeta della cooperazione internazionale e delle adozioni sarebbe rivoluzionato. Un bell’investimento per il futuro dell’Italia e il suo ruolo nella comunità internazionale.

E per esser coerenti anche la direzione della Cai (Commissione per le Adozioni Internazionali),  attualmente emanazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dovrebbe essere trasferita al MAE. Verrebbe così garantita, senza spese aggiuntive, un coordinamento delle attività svolte dagli enti autorizzati all’estero, attraverso i funzionari preposti che lavorano nelle ambasciate. E soprattutto sarebbe garantita la sussidiarietà delle adozioni di minori nei Paesi in cui l’Italia adotta.

E’ questa la doppia proposta che Amici dei Bambini suggerisce di inserire nel maxi emendamento che le più importanti Organizzazioni Non Governative stanno elaborando in questi giorni per modificare il Disegno di Legge (DDL) presentato il 24 gennaio 2014 sulla disciplina della cooperazione internazionale.

Sono sedici anni che le ONG aspettavano una riforma della legge 49 del 1987. Per velocizzare l’approvazione del DDL in Senato, verrà presentato un unico maxi emendamento a Palazzo Madama, che dovrebbe raccogliere i suggerimenti di chi conosce la materia e opera sul campo da anni.  Su questo si stanno confrontando da tempo le piattaforme di AOI (Associazione delle Organizzazioni Italiane), CINI e LINK2007. Un tema particolarmente sentito che domani, 14 febbraio 2014, vedrà il Terzo Settore confrontarsi a Milano in un seminario dal titolo La cooperazione internazionale che verrà” 

La proposta di Ai.Bi., socio di AOI, ha lo scopo di promuovere una nuova cultura della cooperazione, all’interno della quale inserire anche le adozioni.

Con un’ indicazione precisa, peraltro già contenuta nel manifesto di proposta di riforma della legge sulle adozioni internazionali, “Oltre la crisi: più famiglie e più adozioni”.  L’adozione internazionale  deve restare l’estremo strumento di tutela per i bambini in difficoltà, da prendere in considerazione solo quando non esiste alternativa alla situazione di abbandono del minore.

La necessità del trasferimento della CAI sotto le dipendenze del MAE si è manifestata con il caso delle 26 famiglie italiane, prima bloccate in Congo,  e poi costrette a ripartire per l’Italia senza i figli appena adottati. Tutta la vicenda  è stata l’esempio lampante della debolezza e inefficacia dell’intervento della Cai. La situazione avrebbe potuto essere gestita dalla diplomazia italiana fin dal primo momento e invece è diventata un pasticcio durato mesi che ancora non ha trovato soluzione.

Chi può dimenticare la ‘missione’ della presidente della Commissione, la Ministra Cécile Kyenge, che parte in avanscoperta e si reca peraltro nel suo Paese d’origine senza nemmeno organizzare una riunione di coordinamento con gli enti autorizzati? E che dire del dispaccio rilasciato all’Ansa dalla stessa, nel quale  si dava il caso ‘praticamente risolto’ entro pochi giorni? Un successo diplomatico sbugiardato poi semplicemente dalla cronaca.

La cooperazione è un settore nel quale l’Italia potrebbe giocare un ruolo da protagonista se solo il Sistema Paese funzionasse e finalmente gli interventi di cooperazione messi in campo delle tante ONG che lavorano ai quattro angoli del mondo, (attività che restano spesso misconosciute) fossero coordinati e soprattutto concepiti come strategici per il nostro Paese e per le sue relazioni internazionali.