Primo Maggio “senza paura” a Lampedusa

Mimmo_Paladino_Porta_di_Lampedusa_porta_europa_01 Dopo l’ultima strage dei barconi che puntualmente smuove le coscienze dei “grandi” della Vecchia Europa, l’operazione “Triton” ottiene nuovi finanziamenti.  A stabilirlo è il vertice straordinario europeo riunitosi lo scorso 23 aprile per discutere sulla questione emergenza migranti e su quella dell’accoglienza: circa 20 navi che affiancheranno la flotta italiana e 9 milioni di euro al mese saranno necessari e sufficienti per sorvegliare il Mediterraneo e praticare il “search and rescue”, cioè la ricerca e il salvataggio. Questa sembrerebbe l’unica soluzione che finora l’Europa è stata in grado di prendere e cioè chiedere fondi per interventi militari con la convinzione che siano più immediati e risolutivi, ma purtroppo la storia ci insegna che non è mai stato così! Mentre il problema della terra che deve accogliere i migranti una volta salvati dal mare rimane ancora motivo di discussioni e divisioni. Sulla distribuzione dei rifugiati nei paesi UE, infatti, tutto rinviato.  A oggi è questo, quello che è stato definito dal premier Renzi, “l’approccio strategico dell’Europa sull’immigrazione”, tralasciando sempre il punto fondamentale… non sono migranti, rifugiati, clandestini ma “vite umane”. Politica estera, corridoi umanitari, diritto d’asilo, cooperazione internazionale per il sostegno e lo sviluppo dei territori da cui partono, non sono considerati tra le “misure emergenziali” da prendere perché, appunto, occorre più tempo prima che se ne vedano i risultati anche se più duraturi.

Ed ecco che nuovamente in questo contesto è strategica la posizione geografica di Lampedusa, un’isola che però ha dimostrato più volte di non voler far parte di questi giochi, di non accettare questi ruoli, di non voler essere associata a tutte le tragedie. Sono tante le problematiche da superare causate dal suo isolamento e Lampedusa può solo essere un punto di riferimento dove discutere seriamente sui temi che riguardano l’immigrazione, dove confrontarsi sulle possibili soluzioni e dove lanciare un messaggio di pace e di speranza. L’isola è solo un posto bellissimo dove trascorrere le proprie vacanze. E’ questo che si farà durante la manifestazione, Primo maggio a Lampedusa: per un Mediterraneo di pace e senza paura, organizzata dal Collettivo Askavusa: “Crediamo sia dunque fondamentale lanciare un appello da Lampedusa, per dare vita ad una giornata di lotta che dia un segnale forte e che costituisca un primo passo di un percorso che sappiamo essere lungo e articolato.  Trasformiamo il prossimo primo maggio in un’occasione per ribadire con forza: il rifiuto della politica neocoloniale europea; la ridefinizione radicale delle normative sulla migrazione con conseguente regolarizzazione dei “viaggi”; il rifiuto delle strategie di militarizzazione dei territori; il rifiuto dell’uso della paura come strumento per giustificare scelte politiche altrimenti inaccettabili. Vogliamo che Lampedusa sia un’isola di pace e di dialogo, dove gli abitanti siano liberi di vivere e di autodeterminarsi decidendo liberamente le modalità di sviluppo della propria comunità”. Realizzata senza finanziamenti istituzionali ma “solo attraverso autofinanziamento e contributi dal basso”, ha in programma numerosi appuntamenti di confronto, musica e spettacolo che si susseguiranno durante le giornate del 30 aprile, 1 e 2 di maggio.

Da Lampedusa, soprattutto per quei giovani che si vedono arrivare e s’impara a conoscere in quei pochi giorni che rimangono sull’isola e per quei bambini cui si cerca di regalare un sorriso dopo che i loro piccoli occhi hanno visto solo povertà e guerra, è per loro la speranza che tutti abbiano la libertà di andare e allo stesso modo la possibilità di restare… tutto il resto sono solo “strategie”.

Maria Veronica Policardi

Referente AiBi di Lampedusa

In questo particolare momento di emergenza, chiediamo ai nostri sostenitori e ai nostri lettori di aderire alla nostra campagna “Bambini in alto mare”, attivando un Sostegno a Distanza per garantire la giusta accoglienza di queste persone che scappano dalle minacce che scaturiscono dalle guerre presenti nei loro territori.