Profughi dalla Siria. Aiutarli a non lasciare il proprio Paese è possibile? Ecco come si fa per chi vuole passare dalle parole ai fatti

Ramadan Siria“Dopo più di 4 anni di guerra hanno perso la speranza”. Così l’inviato speciale delle Nazioni Unite ed ex viceministro degli Esteri italiano Staffan De Mistura ha recentemente spiegato il continuo esodo di famiglie siriane dal loro Paese. Cittadini appartenenti alla “classe media” che nel corso di questi anni hanno riempito a milioni i campi profughi dei vicini Libano, Giordania e Turchia e intrapreso a decine di migliaia il drammatico viaggio verso l’Europa. Un continente che non sempre riesce ad accoglierli degnamente, come dimostrano gli eventi di queste ultime settimane e il complesso tentativo dell’Unione Europea di mettere d’accordo tutti i Paesi membri.

Il totale di sfollati siriani oggi ammonta a 7,6 milioni: un numero cresciuto di un milione nel solo 2015. Cifre che fanno di quella siriana la più grande crisi di rifugiati del mondo attuale e, in prospettiva, la più grande di tutta la storia dell’umanità. Anche alla luce del fatto che, ancora all’interno del Paese, c’è qualcosa come 12,2 milioni di persone in stato di bisogno e l’80% della popolazione vive in condizioni di povertà.

Al cospetto di tali drammatici numeri – per quanto si stia moltiplicando l’impegno dei Paesi e soprattutto della società civile per offrire una vera accoglienza ai rifugiati e in particolare ai più fragili, come dimostra l’ampia adesione delle famiglie italiane al progetto Bambini in Alto Mare di Ai.Bi. – la situazione pare sempre più insostenibile. Tanto che da svariate parti si alza la proposta di aiutare i siriani nel loro Paese. Propositi non sempre generati da sentimenti di disinteresse e scarsa sensibilità verso il dramma della popolazione siriana, ma troppo spesso incapaci di portare a risultati concreti.  Le Organizzazioni non governative italiane presenti e operanti in Siria, per esempio, si contano sulle dita di una mano. Una di queste è Amici dei Bambini che da circa un anno ha avviato nel nord del Paese il suo progetto di Sostegno a Distanza “Io non voglio andare via!”. Un titolo significativo che condensa in una frase semplice il desiderio di milioni di bambini siriani: quello di non lasciare il proprio Paese, la propria terra, il luogo in cui si è nati e cresciuti. Non farsi sradicare dalle proprie radici, insomma, e continuare a sperare che, quando l’incubo della guerra e delle violenze sarà finito, si potrà contribuire a far rinascere quella Siria che un tempo costituiva un patrimonio culturale e umano di assoluta eccellenza. Per permettere ai bambini siriani di sentirsi a casa nel proprio Paese, Ai.Bi. è impegnata ogni giorno nella provincia di Binnish a garantire ai più piccoli e alle famiglie povere i 5 diritti fondamentali: cibo, salute, casa, educazione e gioco. Il tutto grazie al contributo dei nostri Sostenitori a Distanza. È proprio con i fondi ottenuti attraverso il SaD, per esempio, che è stato possibile realizzare una ludoteca sotterranea per 200 bambini, un forno per la produzione di 2 tonnellate di pane al giorno che sfamano almeno 3mila persone e un laboratorio di sartoria che impiega 40 mamme. Azioni concrete che rendono la vita dei bambini siriani rimasti nel loro Paese degna di questo nome e fanno in modo che questi piccoli non perdano la speranza.

 

Fonte: il Fatto Quotidiano