Promuovere l’affido: dove non arriva lo Stato arrivano le famiglie

minori in affidoFamiglie abbandonate, sempre più dimenticate dalle già scarse azioni di sostegno sociale e la cui precaria condizione si ritorce, con particolare gravità, sui ragazzi minorenni. È in questo quadro, ogni giorno più diffuso nel nostro Paese in questi anni di crisi, che l’affido familiare assume un doppio valore. Non solo quello di “rifugio” temporaneo per i bambini che provengono da situazioni disagiate, ma anche di vero e proprio strumento di lotta alla povertà. Nonostante la legge, teoricamente, non consenta che tale forma di accoglienza sia utilizzata come una sorta di “ammortizzatore sociale”.

Nel suo bollettino sulla povertà in Italia nel 2013, l’Istat rileva che sarebbero più di un milione i minori “incapaci di avere una vita dignitosa”. E si tratterebbe di un dato approssimato per difetto, perché non tiene conto di quella vasta “zona grigia” che comprende le tante famiglie che si trovano poco al di sopra del limite di reddito mensile di spesa considerato “soglia di povertà assoluta”. Una cifra – pari, per esempio, a 1.046 euro per i nuclei con 4 componenti residenti al Nord – che può facilmente essere superata, trasformando l’incubo povertà di molte famiglie in una tragica realtà.

La Legge 149/2001, riprendendo quanto disposto dalla Legge 184/1983, relativamente al “diritto del minore a crescere e ad essere educato nell’ambito della propria famiglia”, sancisce esplicitamente che le condizioni  di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia”. In sostanza, la legge vieterebbe l’affidamento esterno di un minore a causa di motivi economici e della situazione di indigenza del nucleo di origine. Ma la realtà molto spesso si discosta dalla teoria. È sempre più frequente, infatti, che siano proprio le condizioni economiche a motivare l’allontanamento del minore, “stante la temporanea assenza di un ambiente familiare idoneo”.

Questo perché, quegli “interventi di sostegno e di aiuto” alle famiglie a cui le istituzioni, ancora secondo la Legge 149, sarebbero tenute, sono invece sempre più rari. Tali aiuti, infatti, andrebbero attinti dalle ormai vuote casse comunali. I servizi sociali dei Comuni, più che vigilare, dovrebbero agevolare, stimolare e prendersi cura dei soggetti più deboli e sostenere i minori attraverso interventi sui loro genitori.

In questa situazione, si attende un intervento risolutivo dei Tribunali per i minorenni. Compito loro “dovrebbe essere il ripristino della legalità – afferma Alessandro Bongarzone, esperto di affido, nel suo blog sul “Fatto Quotidiano” –, imponendo ai servizi sociali di svolgere il proprio ruolo e ai Comuni di reperire le risorse adeguate a sostenere i redditi delle famiglie che più ne hanno bisogno. Anche attraverso un più serrato reclutamento di singoli e di famiglie disponibili a sostenere, con una presenza di prossimità, i minori e le loro famiglie di appartenenza e recuperando risorse oggi affidate a strutture comunitarie”.

Intervenendo in questo senso, i Tribunali per i minorenni svolgerebbero un servizio di stimolo a nuove e più avanzate forme di socialità.

 

Fonte: il Fatto Quotidiano