Repubblica Democratica del Congo. Da Milano a Kinshasa per dare un futuro a giovani madri e ragazzi di strada

agricoltura africaSovranità e sicurezza alimentare ed ecocompatibilità. Sono questi i principi di un modello di agricoltura che possa ridare autosufficienza alimentare all’Africa. Lo sta sperimentando con successo la Repubblica Democratica del Congo, grazie al progetto Kicasobu (Kinshasa Catering Social Business), portato avanti da Amici dei Bambini in collaborazione con l’organizzazione non governativa Coe, la Fondazione Minoprio e i partner locali Congo Skill e Cenasc. L’iniziativa, finanziata da Fondazione Cariplo e Regione Lombardia, è il segno tangibile della presenza di Ai.Bi. in Congo come realtà di cooperazione internazionale in grado di garantire risorse alimentari e un futuro a centinaia di persone altrimenti alle prese ogni giorno con le difficoltà di una vita condotta in condizioni di estrema povertà.

Kicasobu nasce dall’idea di valorizzare con un sistema di agricoltura di prossimità le aree rurali attorno alla capitale Kinshasa, trasferendo in 4 cooperative locali le esperienze della filiera agroalimentare del Parco agricolo a sud di Milano.

È nata così una rete di 5 cooperative agricole, una fattoria didattica e sperimentale, un ristorante con servizio di catering e una rete di vendita attraverso 7 gruppi di acquisto solidale. Il tutto ha preso il nome di CoCo (Cooperative Congolesi), una filiera agroalimentare che nel suo primo anno di vita ha già distribuito a 15 famiglie circa 9 tonnellate di ortaggi più altri prodotti di allevamento.

A beneficiare delle attività del progetto sono soprattutto giovani ragazzi madri e gruppi di ragazzi di strada a cui la presenza di Ai.Bi. in Repubblica Democratica del Congo significa la certezza di un futuro onesto e dignitoso. I giovani coinvolti nelle attività possono infatti frequentare percorsi di formazione in vari campi professionali: dalla vivaistica alla gestione dell’acqua, dalla coltivazione alla difesa biologica delle coltivazioni dai parassiti, dalla ristorazione all’impiego di elettropompe alimentate da pannelli solari.

Fino all’inizio di dicembre 2015, grazie a Kicasobu e a Coco hanno trovato un lavoro qualificato almeno 20 persone. Ogni agricoltore coltiva un appezzamento di terra di circa 1.600 metri quadrati, sufficiente a nutrire la propria famiglia e a ricavare una quantità in eccesso di ortaggi che potrà vendere ottenendone una giusta remunerazione.

“La collaborazione tra gli agricoltori – afferma Giovanni Salvan, formatore agronomo del progetto – apre possibilità vantaggiose: acquisti collettivi, programmazione condivisa delle colture, apprendimento. “E’ un’esperienza di economia locale, solidale e sostenibile che può cambiare la vita di molte persone, in un Paese agli ultimi posti per indice di sviluppo umano”, sottolinea la coordinatrice del progetto, Marisa Cengale.

 

Fonte: Left