“Return to Homs”, a Ginevra vince il documentario girato tra le macerie

bassetAbdul Basset Al-Sarout 3 anni fa era uno dei giovani calciatori più promettenti del Medio Oriente. Oggi è uno dei leader dei ribelli siriani. In mezzo, in questi 3 anni di guerra civile, ha perso 3 fratelli, 2 zii e decine di amici.

Alla sua storia è dedicato “Return to Homs”, il documentario realizzato dal regista Talal Derki che ha prima aperto e poi vinto il “Festival del film e forum internazionale sui diritti umani” di Ginevra. Un’opera premiata “per l’urgenza dentro alla quale immerge lo spettatore, urgenza che contribuisce a combattere l’indifferenza, trovando un’equazione perfetta tra contenuto e forma cinematografica”.

La telecamera di Derki ha seguito Basset per 3 anni, da quando le piazze della Siria si sono riempite di manifestanti anti regime e Homs è diventata la capitale della rivoluzione. Il suo carisma e la sua popolarità lo hanno portato a diventare una delle icone dell’opposizione a Bashar al-Assad: non è fuggito, è rimasto in città a difendere un mucchio di macerie insieme a un gruppo di altri ragazzi affamati. Oggi Basset non ha più sogni se non quello di diventare un martire di questa battaglia. E non ha dubbi sul fatto che valeva la pena fare ciò che ha fatto. Basset, ora 22enne, urla slogan, compone canzoni, si muove in una città in cui i palazzi hanno perso dei piani, gli appartamenti sono esposti alla vista di tutti e nelle strade non c’è più nessuno se non i tank del regime. Insieme a lui, sotto le macerie, si muovono ancora 1.500 persone, che hanno aperto varchi nelle pareti degli appartamenti vuoti e passano di casa in casa, senza esporsi ai cecchini.

“Eravamo d’accordo che se fossi morto qualcun altro avrebbe continuato il film – racconta adesso Derki –. Queste immagini non appartengono a me, ma alla storia. Non volevo che, come spesso accade, fossero i vincitori della guerra a decidere cosa è avvenuto”. Il documentario mostra i ribelli durante gli attacchi, riprende i massacri della gente inerme, con la convinzione che, vedendo tali immagini, il mondo non possa non intervenire.

A Ginevra, in occasione del festival, avrebbe dovuto esserci anche un altro regista siriano, Mohamed Malas, per presentare il suo “Ladder to Damascus”, girato segretamente in una casa della capitale mentre nel Paese la rivoluzione è sul punto di trasformarsi in guerra civile. Ma prima di partire Malas è stato arrestato, poi liberato, però con il divieto di espatriare. In Svizzera era stato invitato anche l’attivista Raed Farès, che combatte a colpi di slogan sia contro Assad che contro il mondo che “lascia morire lentamente un paese”. Ma Farès ha subito un attentato: si è salvato, ma non ha fatto in tempo a ottenere il visto per lasciare la Siria.

L’ironia della sorte ha voluto che “Return to Homs” vincesse un festival a Ginevra, la stessa città in cui, nel Palazzo delle Nazioni unite, dopo settimane di stallo, i colloqui sulle possibilità di pace in Siria si sono arenati.

 

Fonte: Il Sole 24 Ore