Riccardi (Ai.Bi.): “Da affido ad adozione solo se è nell’interesse del minore. Famiglie affidatarie e adottive hanno atteggiamenti diversi”

riccardiSono giorni cruciali per il destino delle famiglie e dei bambini che da esse vengono accolti. Martedì 13 ottobre, infatti, il Parlamento vota il disegno di legge sul “diritto alla continuità affettiva dei bambini in affido familiare”. Al contempo, entra ulteriormente nel vivo il dibattito sulle unioni civili e sul disegno di legge Cirinnà che potrebbe aprire la strada alle adozioni da parte delle coppie omosessuali e alla pratica dell’utero in affitto.

Sul primo dei due temi è intervenuta anche Cristina Riccardi, referente politico di Amici dei Bambini al Tavolo Nazionale Affido, che si è detta favorevole a una riflessione in materia, ma anche preoccupata rispetto ad alcuni emendamenti che sono stati proposti. In sostanza, Riccardi dice sì “alla possibilità che i bambini che sono da tempo in affidamento e sono stati dichiarati adottabili per intervenuta incapacità dei genitori possano rimanere nella famiglia affidataria, se è nel loro interesse”. Anche perché spesso, precisa la referente di Ai.Bi., si tratta di minori andati in affidamento da piccoli e che ora hanno 10/11 anni, un’età ormai difficile per essere adottati.

La perplessità più forte è legata invece all’ipotesi di eliminare dal ddl in materia il riferimento all’articolo 6 della legge 184/1983, quella che stabilisce i requisiti per le famiglie adottive. Quei requisiti costituiscono una tutela per il bambino– spiega Riccardi -, in particolare la stabilità data dalle coppie sposate da almeno 3 anni”. Se le cose cambiassero in questo senso, si potrebbe venire a creare una certa confusione tra affido e adozione. “Il rischio – avverte la referente di Ai.Bi. per l’affido – sarebbe quello di trovarsi con famiglie che si dichiarano disponibili all’affidamento per bypassare le selezioni dell’adozione. Non è giusto per le coppie che stanno affrontando il difficile percorso di adozione e nemmeno per i bambini”.

Affido e adozione, dunque, hanno presupposti diversi. “L’atteggiamento di una famiglia che inizia un percorso per l’adozione di un bambino – precisa infatti Cristina Riccardi – è diverso da quello di chi si rende disponibile per l’affidamento, il cui obiettivo è favorire, quando possibile, il rientro in famiglia del minore”. Chi in realtà vuole adottare, che interesse avrebbe a mostrarsi collaborativo nei confronti della famiglia di origine?

Legato a questo tema c’è anche l’approvazione del ddl sulle unioni civili. Un emendamento del Partito Democratico, infatti, prevede che il figlio di uno dei partner possa, anziché essere adottato, almeno essere dato in affido all’altro componente della coppia, con provvedimento rinnovabile ogni 2 anni fino ai 18 anni del minore. Ma ciò potrebbe non bastare per evitare anche in questo caso il passaggio da affido ad adozione. Basterebbe infatti che un magistrato giudichi incostituzionale l’esclusione dei sigle dall’applicazione della normativa sull’affido, inserita nel ddl sulla continuità affettiva, che il 13 ottobre potrebbe essere approvata dal Parlamento.

 

Fonte: Corriere della Sera, Redattore Sociale