Santo Stefano di Cadore: la Parrocchia supporta chi si apre alla vita, 500 euro per ogni neonato

In un centro abitato delle montagne bellunesi c’è una comunità parrocchiale che mette al primo posto la vita. Nel paese sono già due anni che i neonati godono del sostegno speciale di una meritevole iniziativa, che offre loro una parte consistente, ancorché simbolica, della raccolta fondi parrocchiale. «La ragione di fondo è che la montagna è abituata a produrre in proprio ciò di cui ha bisogno», dichiara don Diego Soravia, parroco di Santo Stefano di Cadore, spiegando da dove nasce l’idea di stanziare un fondo per le giovani coppie che hanno un bambino.

Don Soravia, cosa c’è a monte di un’iniziativa come questa?
«Il fatto è che la condizione di vita in montagna è ardua – racconta Don Soravia –, sia per il momento generale di crisi economica, sia a causa di una trasformazione dell’industria locale che ha creato tanta disoccupazione. In parrocchia abbiamo individuato, tra le fasce a cui dare sostegno, le famiglie giovani che si aprono alla vita. Diamo loro un contributo simbolico che possa aiutarle a portare avanti la scelta di crescere un figlio. C’è situazione di crisi, la comunità cristiana non può rimanere con le mani in mano».

Come siete organizzati?
«Abbiamo un gruppo di brave signore che durante l’estate tiene vivo un mercatino locale, il Mercato delle Meraviglie. Offriamo gli oggetti utili e curiosi che provengono dall’usato delle nostre case e dalle soffitte, senza tante spese. Per fortuna siamo una località turistica e riusciamo a raccogliere denaro sufficiente da trasformare in attività di interesse comunitario: principalmente nelle opere di restauro della chiesa, ma anche in attività sociali e di attenzione per il territorio e per le sue emergenze. Ad esempio, in collaborazione con gli ospedali, ci siamo attrezzati con alcune ambulanze». 

E con questo nuovo servizio di cui beneficiano i neonati…
«Nel 2011 abbiamo raccolto 5.500 euro, che abbiamo destinato a 11 famiglie, distribuendo 500 euro a ciascuna. Quest’anno abbiamo già messo da parte 4000 euro: sono già 3 le prossime coppie che diverranno presto genitori».

Qual è la composizione di queste famiglie?
«Sono coppie sposate e non, ci sono anche alcuni ragazzi conviventi. Dato che la vita è vita, lo scopo che ci siamo dati è quello di aiutare le famiglie ad aprirsi ad essa. Non ci siamo prefissati di avallare o meno scelte di tipo religioso. Tra le coppie abbiamo tre ragazze della nostra comunità che si sono sposate civilmente con tre profughi africani, originari del Sudan e della Nigeria, che lavoravano in Libia e che sono scampati alla guerra. Se vorranno aprirsi alla vita, noi le aiuteremo».

La lodevole iniziativa merita di trovare imitazioni in altre Parrocchie, anche nelle comunità urbane, ed è auspicabile che raggiunga anche il settore delle adozioni. Perché non adoperarsi per offrire parte delle raccolte parrocchiali ai bambini che vengono adottati dalle famiglie?