Sbai: l’aborto per le donne immigrate è un rischio totale

“L’aborto per le donne immigrate rende bene le difficoltà e le sofferenze di un intero mondo, quello dell’immigrazione, alle prese con pregiudizi, ottusità, estremismo domestico o comunitario e usanze medievali”. Sono le parole di Souad Sbai, presidente dell’Associazione Acmid-Donna e parlamentare italiana (Pdl) membro della Commissione  Salute e Immigrazione, ha fatto risuonare queste parole a Monte Colombo, nel corso della giornata di mercoledì 29, in occasione della presentazione dell’articolato di legge di Amici dei Bambini.

La dinamica più dura da accettare è che queste donne, spesso quando provengono dal quadrante di cultura arabo-islamica, praticano l’interruzione di gravidanza senza nemmeno sapere cosa realmente stanno facendo.

Non hanno la benché minima conoscenza e consapevolezza del proprio corpo. Non ne sentono, nella maggioranza dei casi, le modificazioni, i dolori e la crescita.

Il corpo di queste donne non appartiene loro ma a chi ne gestisce vita e morte. Agli uomini che sono loro accanto o alle comunità che spesso le emarginano fino a che non compiono quanto loro obbligato.

L’86% di queste donne proviene dal mondo rurale, è analfabeta, incosciente dei rischi, sola e lontana da ogni cerchia amicale o familiare di primo grado, queste donne abortiscono quasi come fosse un contraccettivo.

Praticando l’interruzione di gravidanza su decisione dell’uomo, che parla per loro e ne decide la vita e la morte. Perché, dicono, la pillola costa e abortire no. Entrano in ospedale per un mal di pancia e spesso ne escono con un bambino. O senza

E oggi questa tendenza sta infettando anche le donne dell’Est europeo, preda di rapporti non protetti e costrette a interrompere gravidanze delle quali si rendono conto solo a cose fatte.

Aborti anche dopo quattro mesi, in condizioni di rischio totale per la salute della donna stessa, provocando un dolore e una sofferenza che solo chi prova può conoscere. Il resto sono chiacchiere da salotto.

Su questo c’è moltissimo da lavorare, perché ogni donna provveda alla sua scelta in maniera consapevole e sappia che il corpo appartiene a sé, come ogni frutto che da esso proviene”.