Siria. È possibile imparare a leggere e scrivere senza la paura dei bombardamenti? Sottoterra sì!

scuolaIn Siria per andare a scuola ci vuole coraggio… e tanto. Quello che per la maggior parte dei bambini il ritorno sui banchi di scuola è vissuto con ansia e tristezza perché coincide con la fine delle vacanze estive, per i bambini siriani, avere un banco che li aspetta è una grande conquista. Avere una classe dove fare gruppo e imparare a leggere e scrivere senza la paura dei bombardamenti, vuol dire riconquistare spensieratezza e normalità a loro ancora negata. Per loro da 5 anni la normalità è stata una fuga continua, un nascondersi…

Per capire l’entità del problema, basti riflettere su alcuni dati. In Siria sono circa 2 milioni i bambini che non possono andare a scuola; 1 scuola su 4 è danneggiata; 50 mila sono i professori scappati o uccisi.

“La Siria è un paese sotto shock, i bambini sono traumatizzati – Amal Muhammad, un insegnante siriano -. Ovunque io vada, a Homs, Aleppo e Latakia, l’unica volta che vedo i bambini a ridere è quando sono a scuola. Se i bambini arrivano tardi, o non finiscono i compiti, so che hanno dovuto passare attraverso tutti i checkpoint”

Abdel-Hadi vuole studiare “tutto” e la sua ambizione per il futuro è un insolito – e quasi senza limiti: “Voglio essere il vice-presidente,” dice con orgoglio e speranza

Quella speranza che Amici dei Bambini vuole donare a tante famiglie siriane, restituendo loro il diritto di sentirsi a casa nel proprio Paese. Un diritto di cui milioni di persone si sentono ormai privati e decidono di scappare, andando ad affollare ulteriormente i campi profughi già allo stremo dei vicini Libano, Giordania e Turchia, oppure tentando la disperata traversata del Mediterraneo, con il rischio di trovare la morte anziché la salvezza.

Per questo Ai.Bi. ha attivato una serie di interventi nella provincia di Idlib, nel nord della Siria, con l’obiettivo di assicurare ai piccoli siriani quei diritti fondamentali che permettano loro di continuare a vivere degnamente nel loro Paese: il diritto alla casa, al cibo, alla salute, allo studio e al gioco. Il progetto Io non voglio andare via” serve proprio a questo e ha già realizzato interventi concreti: la ludoteca sotterranea per permettere ai bambini siriani di giocare al riparo dalle bombe, il forno per la produzione di 2 tonnellate di pane al giorno sufficienti a sfamare alcune centinaia di famiglie, la sartoria che offre lavoro a decine di mamme siriane, il sostegno ad alcune cliniche della zona e soprattutto il sostegno scolastico agli insegnanti che ogni giorno dedicano il loro tempo ed energie a questi bambini. Affinché in loro non muoia la speranza in un futuro “normale”, in cui poter diventare medici, avvocati, o come Abdel vice-presidente.

Perché per i piccoli siriani la fuga è una soluzione. Tra i bambini rifugiati in Germania, per esempio, un terzo soffre di problemi psichici causati sia dalla guerra che dal drammatico viaggio verso l’Europa e dalla lunga permanenza nei centri di accoglienza. Sono bambini che, in conseguenza del trauma da stress, hanno smesso di mangiare, di parlare, di dormire e hanno assunto spesso comportamenti aggressivi.

È evidente quindi come non sempre la fuga sia la soluzione migliore per la popolazione siriana: il diritto a quell’infanzia che la guerra vuole negargli. È una sfida difficile ma possibile da vincere: per fare in modo che nei ricordi dei piccoli siriani non ci sia solo la guerra e che ognuno di loro possa avere la speranza nel futuro, attiva un Sostegno a Distanza per il progetto Io non voglio andare via.

FONTE: http://theworldweekly.com/