Siria. Nella generazione che non ha mai visto la pace, la maggior parte vuole continuare a credere in un futuro nella propria terra. Aiutare chi non vuole andare via oggi è possibile

distribuzione latteI bambini siriani dell’infanzia ormai hanno solo l’età. Milioni di loro non hanno mai visto neppure un giorno di pace. Uno su 3, pari a circa 3,7 milioni, è nato infatti dopo il 15 marzo 2011, il giorno in cui scoppiò la rivolta che dette inizio alla guerra civile. Un popolo intero cresciuto in un contesto fatto solo di violenza, paura e sradicamento. Un’intera generazione di siriani rischia di essere persa per sempre. Ed è proprio per evitare che questo accada e per fare in modo che i piccoli siriani possano continuare a coltivare la speranza di un futuro nella propria terra che Amici dei Bambini ha lanciato la campagna di sostegno a distanza per la prevenzione dell’emigrazione Io non voglio andare via, nell’ambito del progetto Bambini in Alto Mare.

Solo pochi tra i bambini scappati dalla Siria o nati da famiglie in esilio, infatti, hanno avuto la fortuna di trovare sistemazioni accoglienti. Oltre 7 milioni, invece, continuano a vivere in condizioni di povertà nei campi profughi o nei centri per immigrati allestiti nei Paesi limitrofi o in Europa. Una sofferenza che traspare dagli occhi spauriti di tanti piccoli che affollano i campi di raccolta sparsi ormai dappertutto, dal Libano alla Giordania, dalla Macedonia alla Grecia, dalla Turchia all’Austria. Occhi che parlano da soli, descrivono violenze inimmaginabili e raccontano il dramma di un viaggio infernale, pieno di pericoli, in cui tanti bambini come loro non ce la fanno e perdono la vita al largo delle coste elleniche. E il numero di chi è scappato dalla Siria, negli ultimi mesi, è cresciuto in modo vertiginoso. La quantità di rifugiati oggi è 10 volte quella del 2012. Oltre la metà (il 51%) ha meno di 18 anni, secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Ma pochi di loro hanno trovato realmente sicurezza e pace. Basti pensare che più di 15mila bambini siriani profughi sono rimasti soli, non accompagnati o separati dai loro genitori.

Tra i piccoli rifugiati siriani le femmine sono sempre più spesso costrette a sposarsi presto, mentre i maschi vengono mandati a lavorare. Quelli che hanno trovato riparo nella Valle del Giordano, lavorano 6 giorni alla settimana, dalle 3 alle 8 ore al giorno, per meno di un euro all’ora. Hanno tra i 12 e i 17 anni e la fatica provoca spesso lesioni, malattie respiratorie, danni psicologici e formativi. La scuola, diritto di ogni minore, è ormai un lontano ricordo per molti di loro.

Ma quella che è oggi la più grave crisi umanitaria del nostro tempo non riguarda solo i siriani rifugiati all’estero. La maggior parte degli 8,4 milioni di bambini siriani colpiti dalle conseguenze del conflitto, infatti, si trova ancora nel suo Paese. Almeno 2,1 milioni non vanno più a scuola e 3 milioni non possono più ricevere cure mediche, vanno a letto affamati e non hanno neanche più un tetto sotto cui vivere.

Senza aiuti per ricostruire le loro vite, questa guerra cancellerà del tutto una generazione. Da qui la necessità di supportare la campagna di sostegno a distanza Io non voglio andare via di Ai.Bi. Amici dei Bambini ha infatti attivato interventi di prima e seconda emergenza nelle zone di Idlib e Aleppo, dove si fornisce assistenza alimentare a circa 12mila famiglie ed educativa a molti bambini di Binnish. Contribuire a salvare una generazione di piccoli siriani vuol dire offrire non solo donazioni “spot”, ma un supporto continuativo. Insomma un piccolo sforzo per ciascuno di noi, ma in grado di donare speranza nel futuro a migliaia di bambini.

 

Fonti: L’Opinione, Comunicati stampa, Onu Italia