Siria. “Resistiamo: chi ci bombarda si stancherà prima di noi”, la forza delle mamme siriane che difendono il futuro dei loro figli nella propria terra

distribuzione ceste 29 03Sostegno a distanza Siria La guerra fa crescere in fretta. Troppo. A 7 anni potresti già ritrovarti a dover impastare il pane per tutta la famiglia. A dover correre nei campi non per gioco, ma per mettersi al riparo dalle bombe. E ad avere un obiettivo più grande di te e dei normali sogni di un bambino: difendere un proprio diritto, quello di poter vivere nella propria terra, senza dover per forza sfidare il mare. È per aiutare questi bambini e le loro famiglie, che in Siria continuano a coltivare il sogno di poter costruire un futuro nel proprio Paese, che Amici dei Bambini ha lanciato la campagna di sostegno a distanza per la prevenzione dell’emigrazione Io non voglio andare via, nell’ambito del progetto Bambini in Alto Mare.

“Prima dell’alba ho svegliato mia figlia – è la testimonianza di una delle tante mamme siriane che raccontano la loro quotidianità di questi tempi di guerra -, le ho chiesto di aiutarmi a fare il pane, perché a quest’ora il pilota che guida l’aereo da combattimento è impegnato a bersi un caffè. Dovevamo impastare intanto che lui beveva il caffè, perché non avevamo più pane. E se non venivamo uccisi dai bombardamenti, saremmo morti di fame. Mentre stavamo facendo il pane, è sorto il sole”.

La figlia della donna ha 7 anni e si è stufata di fare il pane: non riesce a maneggiare il mattarello come un’adulta. Vorrebbe andare a scuola, giocare. Ma appartiene a quella generazione di siriani che non ricorda nient’altro che la guerra e migliaia di scuole andate distrutte. “Sii paziente, figlia mia – le ha detto la madre -. Continua a lavorare così riusciamo a finire prima che il pilota salga sul suo jet”. Una volta finito il pane, la donna ha preparato la colazione ai bambini, quindi si è riempita una piccola borsa con cui tutti insieme si sono incamminati verso un rifugio. “Ma quando eravamo a 20 metri dal rifugio, il Mig è apparso il cielo – ricorda ancora questa mamma -. C’era un albero tra noi e il rifugio. Mi sono seduta sotto l’albero assieme ai bambini. Loro hanno chiuso gli occhi e si sono coperti il volto con le mani. Sentivo che quel tronco sottile e rinsecchito ci avrebbe protetto”.

“Non so se i piloti dei jet facciano davvero una pausa per il caffè – conclude la donna -. L’ho detto ai miei figli per lavar via la paura dalle loro menti e dai loro cuori. E ho detto loro anche un’altra cosa: di resistere, perché anche ci bombarda un giorno si stancherà”.

Prima della guerra, questa era una famiglia di fattori. Traeva il necessario per vivere dall’allevamento di due mucche. I bombardamenti hanno portato via tutto. In Siria ci sono milioni di famiglie che hanno perso il necessario per vivere. Circa 8 milioni di siriani non hanno neanche più una casa e, pur di non lasciare la propria terra e di non avventurarsi in viaggi via mare che molto spesso portano alla morte, hanno deciso di spostarsi da una regione all’altra del Paese. Almeno 3 milioni di questi sfollati interni sono bambini.

È a queste persone che Ai.Bi. ha pensato attivando i suoi interventi di prima e seconda emergenza nelle provincie di Idlib e Aleppo a beneficio di circa 12mila siriani. Con la distribuzione di ceste alimentari mensili e di razioni periodiche “ready to eat” e con i servizi ludici ed educativi della ludoteca sotterranea e di supporto psicologico, si vogliono aiutare quei siriani che hanno deciso di non andare via. Una missione che può avere successo solo grazie al contributo di tutti: con un supporto continuativo come il sostegno a distanza per la campagna Io non voglio andare via, un futuro di pace per tanti piccoli siriani è più vicino.

 

Fonte: Il Foglio