Siria: tre milioni di bambini non possono più entrare in una scuola

bambini siraniSfruttati o sfollati. Sembra non esserci altra possibilità per milioni di bambini che vivono in Medio Oriente e in Nord Africa, soprattutto siriani, vittime più di chiunque altro delle guerre e delle torture che stanno insanguinando quella tormentata regione del mondo. Bambini e adolescenti che, se non aiutati presto, rischiano di perdere per sempre il diritto alla casa, alla salute, allo studio. In una parola: rischiano di perdere la loro infanzia.

Tra Siria, Iraq, Libia, Yemen e Territori palestinesi, sono ben 13 milioni i minori che si vedono preclusa la possibilità di vivere un’infanzia normale, a causa dei conflitti nella regione. Il primo diritto che è stato negato loro è quello all’istruzione. Basti pensare che in questi Paesi oltre 8.500 scuole sono state distrutte o gravemente danneggiate e nel solo 2014 sono stati contati 214 attacchi contro istituti scolastici. In Siria, un Paese martoriato da 4 anni e mezzo di guerra civile, un istituto scolastico su 4 è stato chiuso e 3 milioni di bambini e adolescenti non possono più entrare in una scuola, né per ricevere istruzione e neppure per trovare rifugio dai bombardamenti.

La situazione è ugualmente drammatica sia per i piccoli rifugiati che per i bambini rimasti all’interno del Paese.

Per i primi, l’educazione a tempo pieno è diventata un lusso: la maggior parte di loro non riceve più alcuna forma di istruzione. Tra i profughi stanziati in Libano, la percentuale di minori fuori dalla scuola raggiunge il 78%. Del resto la situazione dei rifugiati è al collasso: tra Libano, Giordania e Turchia vivono 2 milioni di bambini  siriani, molti dei quali rischiano di diventare vittime dello sfruttamento e del mercato del lavoro. In alcune zone del Libano, riferiscono di lavorare anche bambini di 6 anni, tra cui tanti sono impiegati in lavori pericolosi, con gravi rischi per la loro salute. Non migliori le condizioni nel campo profughi di Zaatari, in Giordania, dove si è calcolato che 3 bambini su 4 manifestano problemi di salute sul posto di lavoro. E ancora: tra i minori impiegati nel settore agricolo nella regione di Mafraq e nella Valle del Giordano, il 22% dichiara di essere rimasto ferito mentre lavorava.

Ma il dramma è forse ancora più grave all’interno della Siria. Qui le persone bisognose di assistenza umanitaria sono 12 milioni, di cui 5,6 milioni sono bambini e adolescenti. Due milioni di questi vivono nelle aree del Paese maggiormente tagliate fuori da qualsiasi forma di assistenza e 2,6 milioni non hanno più la possibilità di andare a scuola. Numeri destinati ad aggravarsi, alla luce del fatto che i siriani costretti a sfollare all’interno del Paese sono 3,8 milioni.

Per molti dei piccoli siriani neppure la fuga è una soluzione. Tra i bambini rifugiati in Germania, per esempio, un terzo soffre di problemi psichici causati sia dalla guerra che dal drammatico viaggio verso l’Europa e dalla lunga permanenza nei centri di accoglienza. Sono bambini che, in conseguenza del trauma da stress, hanno smesso di mangiare, di parlare, di dormire e hanno assunto spesso comportamenti aggressivi.

È evidente quindi come non sempre la fuga sia la soluzione migliore per la popolazione siriana. Per questo Amici dei Bambini porta avanti un intervento direttamente nel territorio della Siria per permettere ai bambini e alle famiglie di sentirsi a casa nel loro Paese. Nell’ambito della campagna Non restare a guardare, Ai.Bi. sostiene il progetto Io non voglio andare via, che si propone di garantire ai bambini della regione di Idlilb, nel nord della Siria, il diritto alla salute, alla scuola, alla casa, al cibo e al gioco. Il diritto a quell’infanzia che la guerra vuole negargli. È una sfida difficile ma possibile da vincere: per fare in modo che nei ricordi dei piccoli siriani non ci sia solo la guerra e che ognuno di loro possa avere la speranza nel futuro, attiva un Sostegno a Distanza per il progetto Io non voglio andare via.

 

Fonte: l’Unità