Sostegni a distanza a prova di crisi

Crescono numero e valore economico delle «adozioni» sostenute dalle organizzazioni
Piacciono ai benefattori privati (e salvano i conti di molte Onlus)

La crisi non frena il sostegno a distanza, che resta una delle poche iniziative del terzo settore a non essere travolta dai tagli alle spese delle famiglie. Basti pensare che, su 373 milioni di euro raccolti dalle organizzazioni non profit iscritte nell’elenco Sad (Sostegno a distanza) istituito dall’ex Agenzia per le Onlus, quasi cento milioni sono destinati alle adozioni a distanza, per un totale di oltre 375mila sostegni attivati. «Questo risultato dimostra che si tratta di una forma di solidarietà che responsabilizza e che, nonostante le difficoltà, le famiglie si impegnano a mantenere », spiega Marco De Cassan, dell’Osservatorio Sad. «Dobbiamo tenere presente che si tratta di un mondo molto variegato, a cui fanno capo almeno 400 enti tra associazioni, centri Caritas, missioni e parrocchie. Quello che abbiamo analizzato è una fetta importante, che coinvolge le organizzazioni più grandi e strutturate, ma le cifre complessive sono senz’altro superiori».

A gestire concretamente la macchina del sostegno a distanza sono soprattutto i volontari, che rappresentano l’80% del personale delle organizzazioni non profit coinvolte. Sono il rapporto diretto con il beneficiario, l’evidenza delle modalità di sostegno, la trasparenza sulle finalità a dare solidità al sostegno a distanza. I progetti sono quasi sempre interventi di aiuto individuali, dove il destinatario è nel 68% dei casi un minore o un giovane, più raramente una famiglia o una scuola.
La relazione tra donatore e beneficiario diventa così immediata e meno impersonale di una qualsiasi raccolta fondi. Per questo, rispetto ad altre forme di solidarietà, il sostegno a distanza riesce a reggere nel corso degli anni: «Abbiamo registrato picchi di adesioni sull’onda dell’emotività, per esempio in seguito allo tsunami del 2004 o dopo il terremoto di Haiti», sottolinea De Casso. «Poi, con l’avvento della crisi finanziaria ed economica si è avuta una stabilizzazione: è più difficile avviare nuovi progetti, ma viene generalmente garantita la continuità di quelli già in corso».

Il 95% dei donatori sono privati e solo negli ultimi tempi l’adozione a distanza riesce a coinvolgere realtà più ampie. «Suddividere la spesa tra più persone è meno gravoso, per questo stiamo lavorando sul coinvolgimento delle scuole e delle aziende», spiega Marisa Bolognesi, ex consigliere dell’agenzia per le Onlus e coordinatrice del progetto delle Linee guida per il sostegno a distanza. «Al momento i numeri sono ancora abbastanza limitati, ma stiamo registrando un trend in decisa e costante crescita».

La quota media annua richiesta ai sostenitori per l’attivazione di ogni sostegno va da un minimo di 225 euro a un massimo di 338 euro, ma l’impatto non è uguale in tutti i Paesi. Da un lato si confermano particolarmente privilegiate alcune aree geografiche come l’Africa, con il 42% di sostegni attivi, dall’altro vi sono Stati con un’altissima concentrazione di sostegni a distanza: tra questi l’India con 53.316 adozioni a distanza, il Brasile con 31.332 e il Mozambico che ne conta16.915. Ma è in realtà come la Guinea Bissau, con soli 2.227 sostegni, o il Burundi (dove se ne registrano 15.732), che l’incidenza è maggiore: «A differenza di altri Paesi, come quelli africani, oppure l’India, dove si ha un indubbio beneficio per il singolo, ma un impatto sociale limitato, nel caso delle comunità più piccole i progetti di sostegno a distanza portano a una crescita della società in generale», spiega Marco De Cassan. È così che il sostegno assume un doppio valore: è un aiuto per crescere o far studiare un bambino, ma soprattutto un metodo di auto-sviluppo di un’intera comunità.

(Il Sole 24 ore, Eleonora Della Ratta, 26/03/2012)