I supereroi sono quasi tutti orfani. Ma tutti gli orfani sono supereroi

Dalla letteratura ai fumetti, tanti personaggi e supereroi sono orfani. Lo racconta una mostra a Londra, che si spinge a indicare anche un ponte tra le storie a fumetti e le vicende reali vissute da tanti orfani

Cos’hanno in comune Batman, Superman, Spiderman, Hulk, Wolverine, Daredevil, Black Panther, Captain America? Rispondere “sono tutti supereroi” non vale, perché, ok, è una delle risposte possibili, ma è anche la più scontata e, soprattutto, non è quella che in questo contesto più ci interessa.
Perché c’è un’altra caratteristica che accomuna tutti questi eroi dei fumetti, così come tanti altri personaggi di fantasia come, per esempio James Bond e Harry Potter, ma anche Peter Pan, Heidi, Biancaneve e Pippi Calzelunghe: essere degli orfani!
È vero, molti sono orfani affidati a qualche parente (il ché non li rende meno orfani, per carità, ma è per sottolineare che non tutti hanno alle spalle storie di orfanotrofi e povertà), ma tutti condividono l’assenza dei genitori, molto spesso a causa di eventi traumatici (la madre di Hulk muore e il padre viene internato, così come accade alla madre di Wolverine, il cui padre viene assassinato. Per non parlare di Superman, che è orfano dei genitori naturali del pianeta Krypton e rimane orfano anche dei genitori adottivi, anche se in alcune versioni della storia questi sopravvivono fino a che Clark Kent è adulto).

Supereroi orfani: tra esigenze narrative e somiglianze reali di vita vissuta

A sottolineare questo fatto, già noto agli appassionati, è la mostra Superheroes, orphans & origins: 125 years in comics, inaugurata l’1 aprile e aperta fino al 22 agosto al Foundling Museum di Londra, che nasce sulla base di un altro lavoro commissionato dal Museo nel 2014 al poeta e performer Lemn Sissay che creò una sorta di poema / murales, dipinto sulle pareti di una stanza del Museo stesso, che contiene l’elenco di centinaia di nomi di personaggi cresciuti da una famiglia che non è la loro di origine.
La ricostruzione che avviene nelle sale dell’esposizione, tra disegni originali e copertine, non si ferma ai più noti eroi, ma compie una ricognizione più ampia che individua tantissimi orfani tra i personaggi dei fumetti di tutto il mondo: dalle prime strisce uscite sui giornali, ai manga  giapponesi fino alle graphic novel contemporanee.
Ma la parte più interessante è sicuramente quella che crea un ponte tra le storie a fumetti e le vicissitudini reali vissute da tanti orfani (a meno di non voler prendere per buona la provocazione di Stan Lee, l’uomo che ha reso grande la Marvel creando molti dei suoi personaggi più noti, che a specifica domanda sul perché i supereroi fossero tutti orfani rispose: “Perché gli scrittori di fumetti sono troppo pigri da immaginare un passato e una vita familiare per loro”).
Come riporta un articolo sulla mostra pubblicato da The Economist e tradotto in italiano da Internazionale, all’interno del catalogo dell’esposizione è inserito uno studio di Sissay nel quale l’artista racconta di essersi “sentito molto vicino a Superman quando viveva in una casa famiglia” e di come in seguito abbia notato i legami psicologici tra sé e il personaggio”.

Quella marcia in più che hanno gli orfani supereroi

Narrativamente, creare un eroe orfano offre alcuni vantaggi, primo tra tutti quello di poter avvolgere le sue vere origini nel mistero e poter più facilmente giustificare il loro bisogno di risposte, che si traduce spesso in una voglia di rivalsa e di rivincita. Ma, per tornare all’articolo del The Economist: “Per i personaggi che sono passati dal sistema dell’affidamento questo schema ha una valenza più profonda. I supereroi sono emarginati, si sentono diversi da tutti gli altri. Molti di loro, come X-Men, creano una nuova famiglia con altre persone che vivono ai margini della società”.
Una considerazione che viene condivisa anche dai curatori della mostra, che sottolineano: “Dal lavoro che svolgiamo con i giovani in affidamento sappiamo che vivono esperienze molti difficili e che nel momento in cui lasciano il sistema, a 18 anni, sono gravati da enormi aspettative. La resistenza di cui devono dare prova è sovrumana, ma alla fine spesso ottengono grandi risultati. Sono i veri supereroi”. Prova ne sia il fatto che, nei fumetti e nelle storie, questa condizione di partenza apparentemente svantaggiosa viene in qualche modo riequilibrata con altre doti speciali: “I romantici pensavano che i bambini orfani avessero uno status spirituale più nobile – ha scritto Laura Peters nel suo Orphan Texts: Victorian Orphans, Culture and Empire: una sorta di potere di redenzione, una superiore capacità di combattere il male”.