Follie dello spreco. Crolla il prezzo del gas, così in Texas bruciano quello in eccesso

In Texas, il prezzo del gas sul mercato locale è sceso addirittura sotto lo zero e la materia prima non utilizzata viene bruciata, mentre qui in Europa aumentano le difficoltà e i prezzi rimangono molto alti. Dove sta il “cortocircuito”?

Parafrasando il grande Blaise Pascal, di fronte a quanto succede in Texas come in Russia al confine con la Finlandia, si potrebbe dire che: “il gas ha le sue ragioni, che la ragione non conosce”.
Ma andiamo con ordine e partiamo dai fatti: ci sono luoghi in cui il gas naturale, che in Europa è da qualche mese il bene cui tutti anelano, viene bruciato. Che in altre parole significa che viene buttato via. Tecnicamente lo si fa perché l’estrazione del gas non può essere fermata come se si chiudesse un rubinetto, dunque, se il gas che continua a uscire non sai a chi darlo… lo bruci!
Se tutto questo accade in Russia il perché non è difficile da capire: dall’inizio della guerra tutta Europa sta cercando di diminuire la propria dipendenza dal gas di quel Paese, mentre quel Paese per primo diminuisce le forniture come arma di “ricatto”. Ma il gas continua a uscire e, al di là di chi in Russia tiene accesi 24 ore su 24 i fornelli della cucina, postando i video sui social come puro sfregio all’Occidente, a livello più “istituzionale”, parte del gas che non viene venduto e non può essere destinato altrove (perché la richiesta è già soddisfatta al 100%, perché mancano le infrastrutture, ecc.) viene bruciato sul posto.

Perché il Texas brucia gas in eccesso

Quando, però, questo succede in America, e per la precisione in Texas, in uno dei più grandi giacimenti di idrocarburi del mondo che è il Bacino del Permiano, i motivi sono più difficili da capire e la rabbia, figlia dell’incomprensione, aumenta. A maggior ragione quando si scopre che, mentre sul mercato europeo il prezzo del gas, per quanto sceso rispetto ad agosto, rimane comunque su cifre impensabili anche solo un anno fa; sul mercato del Texas occidentale il prezzo del gas naturale è sceso addirittura sotto lo zero. In pratica, non solo il gas viene bruciato, ma i produttori devono pure pagare per farlo.
Chiaro che davanti a tutto questo l’incredulità abbia il sopravvento: ma come, viene da pensare, noi siamo qui a elemosinare un po’ di gas a prezzi accessibili da ovunque provenga (meno che la Russia) e in America il gas “te lo tirano dietro”? È evidente che il sistema da qualche parte non funziona: piuttosto che bruciarlo, regalatecelo, e siamo tutti più contenti.
Il fatto è che il mercato (del gas) non funziona così, e non tanto per una intrinseca “ingiustizia”, ma per questioni più tecniche. A giugno, un incendio ha messo fuori uso il termianl Gnl di Freeport, privando il Texas di uno dei più grandi impianti di esportazione del Paese. A questo si è aggiunta, oggi, la chiusura per manutenzione programmata di due gasdotti. Da qui l’eccesso di gas che non si riesce a far arrivare altrove e la decisione di bruciarlo, con conseguente crollo dei prezzi. Un crollo – come giustamente sottolinea il quotidiano Domani – che non è così raro, basti pensare che il prezzo locale del gas è arrivato ad avere il segno “meno” per 9 volte nel corso del 2020 e per ben 31 volte nel 2019. Solo che, oggi, succede mentre da questa parte del mondo il gas costa tantissimo e, con il taglio delle forniture russe, scarseggia anche in prospettiva dell’inverno ormai imminente. Quello che arriva in più, via nave, proprio dagli Stati Uniti, non può aumentare più di tanto, per le difficoltà di trasporto, senza contare il fatto che questa assurda differenza di prezzo tra USA ed Europa permette a chi questo gas lo commercializza di avere profitti miliardari, cosa che non fa che aumentare il disappunto di chi tutti questi meccanismi fatica a comprenderli.
A tutto questo, poi, si aggiunge il rischio per l’ambiente, con un possibile aumento del rilascio di anidride carbonica nell’atmosfera proprio in conseguenza della bruciatura del gas.
Insomma, un bel cortocircuito del quale si fatica a venire a capo e che fa crescere comprensibilmente un po’ di rabbia per questo mondo così “globalizzato” che, forse, tanto globalizzato non è.