The Mission porta i vip nei campi profughi, “Pornografia umanitaria”? il silenzio del Non profit

the mission 2Albano Carrisi, Michele Cucuzza, Barbara De Rossi, Paola Barale, ed Emanuele Filiberto. Ma si parla anche di Elisabetta Canalis, Vittoria Belvedere, Alba Parietti e Dario Vergassola. Sembra il cast di uno dei tanti programmi televisivi di intrattenimento del weekend in prima serata, quelli che magistralmente riescono, anche in periodi bui e di crisi come questo, a regalare al pubblico un po’ di leggerezza, spensieratezza, e frivolezza.

Non questa volta. I vip sono stati reclutati da mamma Rai, per prendere parte ad un nuovo “reality show umanitario”, dal titolo The Mission (in onda su Rai 1, dal 27 novembre), ideato e progettato in collaborazione con due organizzazione non governative di prim’ordine nel settore del Non profit: UNHCR e Intersos.

Otto personaggi famosi, non ancora ufficialmente nominati, affiancheranno gli operatori delle due ong in vari campi profughi sparsi in giro per il mondo. E si accende la polemica.

Una riflessione interessante in questo senso si può leggere su Cooperazione.info, il blog degli operatori della cooperazione internazionale. Lucida ed equilibrata, vuole aprire un dibattito su dei temi sempre più difficili da affrontare nel mondo delle Ong italiane.

Come negare che il profugo in prima serata accanto al vip può essere una grande operazione a costo zero per gli uffici di fundraising? Meglio che non se ne parli proprio allora? Lo show ha le sue regole e devono essere rispettate. D’altronde senza il vip il rifugiato televisivamente non è nessuno -anzi la sua visione disturba il telespettatore e non lo fa sorridere – e le sue sfighe rimangono sconosciute. Meglio l’oblio o il reality? Ma davvero tutto è lecito?

A buttar acqua sul fuoco, interviene dall’Unchr Laura Lucci, che assicura che stanno collaborando “a questo programma perché abbiamo l’opportunità di far capire al grande pubblico chi sono i rifugiati, perché scappano, quale è il loro background. Pochi sanno che in tutto il mondo ci sono 40 milioni di rifugiati. Molti restano nei campi anche per venti anni. Sono vite spezzate. La nostra priorità rimane quella di proteggere i rifugiati. Saranno raccontate solo le storie di chi decide di essere ripreso dalle telecamere. Saremo i primi a vigilare: i nostri operatori seguiranno passo passo la troupe televisiva, non la lasceranno neanche per un minuto”. L’intento è quello di non scivolare nel pietismo e nella spettacolarizzazione della povertà, anche se l’idea stessa del reality e dei vip che aiutano i poveri profughi a telecamere accese pare riportare indietro la rappresentazione dei temi della cooperazione internazionale di molti anni.

Albano Carrisi, uno dei pochi nomi certi del cast, ha rivelato ad un settimanale: “A novembre parteciperò al reality umanitario di RaiUno Mission. Per 10 giorni vivrò tra i rifugiati del Sudan e sarò in mezzo a loro, canterò assieme a loro e mi darò da fare per cercare di aiutarli. C’è qualche rischio (è una zona molto “calda”) ma ci tengo sul serio ad andare lì perché sarà sicuramente una esperienza straordinaria. Mi arricchirà umanamente”.

Ci si chiede se, per accendere i riflettori sulla tragedia umanitaria dei campi profughi, emblema della sofferenza dei popoli costretti a lasciare la propria terra per guerre o carestie, non ci fossero altri metodi: documentari, telegiornali, programmi di informazione e di spettacolo. Magari non legando queste tematiche a personaggi che sono, obiettivamente, lontani anni luce da quel mondo di estrema povertà, disagio, e vulnerabilità.

Il mondo della cooperazione internazionale italiana, di fronte a questa novità, si è dimostrato assente e distratto, e non si è espresso in merito a questo fenomeno che qualcuno ha già battezzato “pornografia umanitaria”, concentrato forse più nel sopravvivere che nel ripensarsi.

 

Fonte: Vita.it , BlogVita.it