Tribunali per i minorenni italiani: avanti tutta con le adozioni gay, ma la Kafala assolutamente no. E per le coppie eterosessuali è sempre la solita via crucis

kafalaQuando si tratta di adozioni, il sistema mediatico tende a girare la testa dall’altra parte e a ignorare i problemi di milioni di bambini abbandonati in attesa di una nuova famiglia. Con una sola eccezione: quando a voler adottare è una coppia omosessuale. In questo, l’attenzione dei media si accompagna a quella di certa politica e di certa magistratura, attive da anni nell’aprire la strada, a colpi di propaganda e di sentenze, all’adozione gay.

Non è un caso, infatti, che l’ultimo triennio di totale paralisi del settore delle adozioni internazionali sia passato quasi totalmente sotto silenzio. La maggior parte dei media ha del tutto ignorato un disastro su tutta la linea, che ha visto dimezzarsi nel giro di pochi anni il numero di minori stranieri adottati nel nostro Paese e crollare i dati sulle coppie di aspiranti genitori adottivi. Mentre l’Autorità Centrale italiana – che non si riunisce da 3 e dal 2014 è diretta in modo personalistico da una sola persona – abbandonava a sé stesse le famiglie, lasciandole senza informazioni, senza affiancamento e senza sostegno economico. L’adozione internazionale sta rischiando l’estinzione, eppure ai media italiani sembra non interessare.

Ma basta che il tema delle adozioni intersechi quello dei diritti degli omosessuali, ed ecco che, come per magia, le luci della ribalta tornano a concentrarsi su questa realtà. Come sta accadendo in questi giorni in merito alla sentenza del Tribunale per i Minorenni di Firenze che ha concesso la trascrizione in Italia dell’adozione di due fratellini da parte di una coppia gay italiana residente in Gran Bretagna.

Saranno proprio le coppie omosessuali, dunque, a dare un futuro all’adozione internazionale e all’accoglienza dei bambini abbandonati? Ma perché solo le adozioni gay ricevono una tale spinta mediatica, politica e giudiziaria? Non dobbiamo trascurare, infatti, che c’è un grande dimenticato: la Kafala.

Stiamo parlando dell’istituto di diritto islamico che accomuna gli ordinamenti giuridici ispirati agli insegnamenti del Corano e che, nei Paesi di fede musulmana, sostituisce l’adozione. Il nostro Paese ha ratificato, nel 2015,  la Convenzione de L’Aja sulla protezione dei minori che, tra le varie forme di tutela, prevede anche la Kafala. Ma al momento della ratifica, il nostro Parlamento  ha stralciato proprio gli articoli relativi alla Kafala, rinviandone il dibattito a una fase successiva e lasciando di fatto la questione per il momento in sospeso. Ciò che manca quindi è la volontà politica di riconoscere questa forma di accoglienza. Con il risultato che, negli anni, la maggior parte delle domande di visto per ricongiungimento famigliare avanzate nell’interesse di minori in Kafala è stata respinta dalle autorità italiane. Violando quindi il principio di uguaglianza e penalizzando i minori provenienti da Paesi di fede islamica. Discriminazione che colpisce anche le coppie (miste o con uno dei componenti originario di un Paese islamico) che fanno richiesta di Kafala, a differenza di quanto accade invece per quelle coppie omosessuali a cui la magistratura accorda il diritto di adottare.

È quanto mai necessario dunque procedere con il riconoscimento della Kafala anche in Italia. E, allo stesso modo, ricominciare a sostenere anche le migliaia di coppie eterosessuali che vorrebbero adottare, ma che, “colpevoli” di essere, appunto, etero, vengono letteralmente tartassate da un’oscena via crucis.

Sono proprio le coppie etero a essere sottoposte a un lunghissimo e durissimo iter di selezione e valutazione tra colloqui con i servizi sociali e con il Tribunale. I quali si fanno portatori di quella cultura delle selezione che sta contribuendo alla disaffezione delle coppie per l’adozione internazionale.  Senza dimenticare il lavoro sempre più macchinoso che caratterizza i Tribunali per i Minorenni italiani. Complessità che deriva essenzialmente dalla carenza di personale, che allunga i tempi per il rilascio del decreto di idoneità. Problemi a cui bisogna aggiungere l’assurda prassi dei decreti vincolati che limitano a molti aspiranti genitori la possibilità di adottare e li obbligano a infinite peregrinazioni da un ente all’altro nella speranza di trovare quello in grado di accettare il mandato di una coppia con un decreto di idoneità fortemente limitato.

A fronte di questi problemi, l’attenzione della politica e della magistratura sembra invece concentrarsi solo sulle adozioni gay. In nome di un presunto mutamento del clima culturale che giustificherebbe quello che sembra piuttosto un pressing politico e giudiziario che rischia di dare vita a una vera e propria dittatura ideologica.