Trovata la mamma che ha abbandonato il bimbo a Milano: ma che bisogno c’era di cercarla?

A inizio febbraio un neonato era stato abbandonato, a Milano, in un luogo in cui è stato subito facilmente notato e soccorso. Ora arriva la notizia che, dopo diverse indagini, è stata rintracciata la mamma: ma non sarebbe stato meglio rispettare la sua decisione?

Nella serie di abbandoni di neonati che, purtroppo, negli ultimi mesi ha visto susseguirsi diversi episodi piuttosto ravvicinati, a inizio febbraio ne era avvenuto uno a Milano: il bambino era stato trovato da un uomo davanti alla porta di un palazzo delle case popolari del quartiere Giambellino, accompagnato da un biglietto che raccontava di come la madre fosse morta di parto e il padre non potesse tenerlo.

Un gesto che apre le porte a una nova vita in una nuova famiglia

I contorni della vicenda erano apparsi da subito non del tutto chiari, ma, giustamente, l’attenzione si era concentrata sul bambino, sul fatto che stesse bene di salute e che, grazie a quel gesto di chi aveva lasciato la carrozzina in un luogo visibile, probabilmente conosciuto, dove sicuramente qualcuno l’avrebbe notato e soccorso in tempi brevi, il piccolo aveva potuto essere tempestivamente affidato alle cure sanitarie e, da lì, avviato verso una veloce procedura di adozione che gli permetterà di avere una nuova, definitiva famiglia.
Ma se questo era e rimane ciò che più conta (e probabilmente dovrebbe essere l’unica cosa che conta!), le indagini, in realtà, sono andate avanti e, oggi, hanno portato all’individuazione della mamma del bambino.
Chi sia questa donna e perché sia arrivata alla decisione di abbandonare il figlio lo si può leggere praticamente su tutti i siti e i giornali, che hanno riportato la “notizia”. Qui, per scelta, non troverete nulla al riguardo, nella convinzione che l’accanimento con il quale si è lavorato per cercare di rintracciare la donna sia poco comprensibile, se non proprio insensato.
Il luogo e le condizioni in cui il piccolo è stato trovato sembrano rendere evidente la volontà di chi lo ha lasciato di non fargli correre pericoli e di essere ragionevolmente certi che il bambino sarebbe stato soccorso in tempi rapidi. Il concetto non è molto differente da quello delle culle termiche, che esistono proprio per genitori che non se la sentono di tenere il proprio figlio ma vogliono comunque dargli la possibilità di vivere e trovare una famiglia in cui crescere.
L’episodio in questione, dunque, potrebbe piuttosto servire per rinforzare il messaggio, sul quale Ai.Bi. continuerà a insistere, di prevedere una legge che obblighi i comuni a istituire un certo numero di culle termiche nei luoghi più strategici dei loro quartieri e di darne una diffusa conoscenza. Oltre a continuare a promuovere e far conoscere la possibilità del parto in anonimato.