Ucraina. Madre surrogata partorisce due gemelli: uno muore, l’altra ha ritardi mentali. La coppia la abbandona in ospedale

La storia di Bridget: cresciuta in istituto ora è adottabile

Che cos’ha di “sbagliato” un bambino disabile per essere rifiutato, abbandonato, scartato? Nulla. Assolutamente nulla. Se non il “difetto” (non certo quello cromosomico) di nascere in una società dove vige sempre di più la logica della “normalità” e della “perfezione” (anch’essi concetti relativi…) e dove tutto si può comprare e buttare via se non soddisfa le aspettative.

Una società sterile. E non nell’accezione dell’infertilità biologica. Una società che di moderno non ha nulla se non soltanto ciò che di più opportunistico e robotico porta con sé l’essere moderno come sinonimo di tecnologico e scientifico.

Ma la “normalità” e la perfezione a tutti i costi (nel vero senso della parola)  sono diventati i “capisaldi”  dell’utero in affitto, l’abominevole pratica a cui attingono gli “acquirenti della genitorialità” dei tempi moderni tramite lo sfruttamento disumano di donne povere.

Questa volta la triste storia arriva da Sonechko, in Ucraina, in un istituto ai margini della città, dove vivono circa 200 bambini, tra cui Bridget. Lei bambina commissionata e subito abbandonata perché disabile.

Bridget è stata, infatti, comprata da una coppia statunitense che qualche anno fa si rivolge ad una donna ucraina, dove la “madre surrogata” è legale: la donna partorisce due gemelli. Uno muore, l’altra è Bridget. La piccola ha dei ritardi mentali. La coppia decide così di non portarla in California con sé.

A raccontare la storia raccapricciante è una giornalista di Abc news la stessa che anni fa ha raccontato la storia di Gammy, il neonato affetto dalla sindrome di Down che, a differenza della sorellina, fu rifiutato dalla coppia australiana che la lasciò alla madre surrogata, una giovane thailandese povera in canna.

Bridget, che oggi ha 3 anni, ha trascorso gran parte della sua vita in ospedale, dove è stata portata dopo la sua nascita nel febbraio 2016. Nata prematura a 25 settimane pesava poco più di 800 grammi.  Al momento della nascita i medici non nutrono grandi speranze su di lei. Così i suoi genitori legali, arrivati dagli Stati Uniti, riprendono l’aereo abbandonandola all’ospedale sebbene porti il loro cognome.

Non solo rifiutano Bridget e se ne tornano in California, ma dopo cinque mesi, con una lettera formale chiedono ai medici di “staccare la spina” alla figlia lontana. Così si apre una questione: la bambina è legalmente figlia di due americani, non ha la cittadinanza ucraina, non può essere dichiarata adottabile e dunque resta in orfanotrofio, compromettendo le possibilità di ripresa che avrebbe avuto in una famiglia amorevole.

Due anni dopo la nascita, i coniugi inviano un ulteriore documento in cui danno il loro consenso all’adozione di Bridget. Ma questo non cambia la sorte della piccola che continua ad essere sola in istituto.

Il Garante dell’Infanzia ucraino è al corrente dei fatti, conosce la storia di Bridget e si lascia sfuggire (alla giornalista di Abc news) che i figli della surrogata scartati dai committenti perché imperfetti sono almeno una decina. I casi noti.

In Ucraina, infatti, la surrogata commerciale è legale: Thailandia e India hanno messo al bando per gli stranieri l’utero in affitto. Il mercato asiatico si è ristretto, dunque, lasciando ancora più spazio all’Ucraina che con la sua rete di cliniche e di madri portatrici, assoldate tra le ragazze più povere, è diventata una delle mete favorite per gli aspiranti genitori del ricco Occidente.

E intanto Bridget cresce tutta sola in un istituto.

Fonte: Avvenire