“Un bimbo mi aspetta”, il diario di papà Arnaldo diventa un libro/manuale su come vivere e gestire il tempo interminabile dell’attesa

illustrazione libro adozione funaro“Ti chiami Chen Ya e avevi tre giorni quando sei stata trovata davanti a un ospedale, avvolta in una coperta con nome e data di nascita su un biglietto… Conosci già qualche parola di cinese e sai avvitare i tappi delle bottiglie. Non chiedermi perché, ma significa che la tua testolina cresce bene”. Così Arnaldo Funaro, scrittore e copywriter di professione, si rivolge alla bambina cinese che ha adottato. Lo fa in un diario scritto, giorno dopo giorno, per oltre due anni e messo online su una pagina Facebook che è diventata luogo virtuale di incontro, di confronto e di narrazione delle proprie esperienze per molti altri genitori adottivi come lui. Il diario di “papà Arnaldo”, come egli si firma, il 18 maggio diventerà un libro, “Un bimbo mi aspetta”, edito da Log Edizioni, Gruppo Guerini&Associati. Un libro dedicato “Alle mamme non ancora mamme. Ai papà non ancora papà. E ai bambini che li aspettano per diventare finalmente figli”.

Nel suo diario, Funaro racconta l’adozione internazionale di Chen Ya. Un nome che significa “alba elegante”, “perché è all’alba che è stata trovata”. Nelle sue pagine, papà Arnaldo descrive soprattutto la lunga attesa e il percorso di chi ha superato tanti ostacoli. In nessun altro ambito come in quello dell’adozione internazionale, la parola “attesa” ha tanti sinonimi: pausa, sospensione, aspettativa, speranza, prospettiva, apprensione, ansia, inquietudine, fiducia. Anche gravidanza, in senso figurato. Una gravidanza i cui tempi di gestazione sono dettati dalla burocrazia. Scartoffie, documenti e firme, davanti ai quali non bisogna mai arrendersi. Del resto un figlio si aspetta per definizione. A volte, come nell’adozione, l’attesa è reciproca ed è anche il bambino ad aspettare di diventare figlio.

“Ho iniziato a scrivere per accorciare le attese e superare le piccole e grandi umiliazioni – spiega Funaro -, rielaborare le mille procedure, gli incontri con assistenti sociali, giudici, medici di ogni genere. Con lo scopo di dare coraggio. Perché molti si arrendono, ma in fondo a questo percorso si può arrivare: è lungo, alla fine il risultato c’è, c’è una famiglia.

È per questo che “Un bimbo in attesa”  ha cominciato ad attirare su Facebook sempre più persone che hanno condiviso quelle parole pesate, mai pesanti, condite da un meraviglioso senso dell’umorismo. E il diario di papà Arnaldo è diventato una sala d’attesa virtuale piena di genitori. Leggo sempre tutti i commenti e rispondo sempre – assicura Funaro -. Questa pagina è per chi sta affrontando il percorso adottivo o l’ha già fatto con successo e dà forza a ciò che scrivo e prova che c’è una fine al percorso e che questa fine in realtà è un nuovo inizio. Nella pagina la comunità è viva e partecipe”.

Una comunità a cui papà Arnaldo dà un consiglio fondamentale: percorrere la strada senza scorciatoie fuori dalla legalità, perché diventano bugie e segreti che franeranno inevitabilmente sulla vita del bambino”. Del resto, “l’adozione è come un parto, solo con un travaglio più lungo”, come si legge in una delle illustrazioni colorate da Michele Marconi. Un parto in cui traffici illeciti e procedure opache non devono avere spazio.

Con il racconto della sua esperienza, Funaro incoraggia quindi tutti i genitori adottivi a farsi più forti di una società che ha trasformato la gravidanza in una malattia e la sua assenza in una condanna”. Quella forza che Arnaldo e sua moglie esprimono ogni volta che viene chiesto loro se Chen Ya sia la loro figlia. “‘Sì!’, diciamo insieme io e la mamma – spiega Funaro -. Nemmeno quando ci siamo sposati l’abbiamo detto così forte questo ‘sì’”.

 

Fonte: la Repubblica