“Ai.Bi. in tre parole: una rivoluzione, un modello, una ricerca continua”: Maria Teresa e Sergio Bertoldo


bertoldo_gabicceMaria Teresa e Sergio Bertoldo, coordinatori del Piemonte: La giornata tipo di un coordinatore? Fare tutto il necessario che la vita impone – casa, lavoro, famiglia – con la mente sempre connessa ad Ai.Bi. A livello pratico significa avere giornalmente almeno un contatto con la sede regionale; mantenersi aggiornati su quanto accade a livello nazionale e poi rendersi disponibile per le famiglie.

Lo facciamo da vent’anni e adesso vorremmo davvero passare il testimone. Ma non è facile trovare una famiglia ‘completa’, disposta a regalare il proprio tempo a nuove famiglie per restituire quello che si è ricevuto. A voler fare un identikit del coordinatore ideale, direi che innanzitutto deve condividere in toto la missione e la spiritualità di Ai.Bi. e poi a livello organizzativo occorrono persone capaci di delegare. Su questo riconosciamo che siamo in difetto.

Spesso si fa l’errore di caricarsi di impegni, mentre bisogna saper coinvolgere gli altri e appunto… coordinare.

La sfida è tanto più grande, perché in questo periodo Ai.Bi. si sta trasformando in qualcosa di talmente tanto grande, bello e complesso che richiede linfa nuova, purché si sappia cogliere il valore unico del nostro movimento, che lo rende differente da tutte le altre realtà esistenti.

In tre parole, Ai.Bi. è una rivoluzione; un modello; una ricerca continua. Bisogna averne piena consapevolezza. Forse è questo che spaventa molte coppie, le quali- finita l’adozione- si dileguano. Forse è il bisogno di ‘normalità’ che le spinge a rimuovere il dato oggettivo con cui invece i ragazzi fanno i conti ogni giorno. Molti adulti non lo capiscono: stare insieme, fare comunità significa offrire uno strumento in più ai nostro figli. Per loro è importante condividere con altri coetanei adottati emozioni, paure, esperienze. Nascono amicizie bellissime tra i ragazzi. E’ questo che spesso le famiglie non riescono a comprendere: frequentare altre famiglie adottive non è ghettizzare i bambini adottati, ma al contrario è costruire un ponte fatto di amore, verità e fede per lanciarli più forti e consapevoli nel mondo, verso il futuro.