Vanoni (giudice): i tempi troppo lunghi scoraggiano le famiglie

Intervista al magistrato Alda Maria Vanoni

Quali sono i punti di criticità per le adozioni nazionali ed internazionali?

Sono due strade molto diverse. La domanda di disponibilità viene, in entrambi i casi, presentata al Tribunale per i Minorenni che provvede ad un’istruttoria. Abbiamo constatato che sul territorio nazionale c’è una grande disomogeneità di contenuti, di procedure e di valutazione dell’idoneità per le famiglie che si apprestano a compiere un’adozione sia internazionale, sia nazionale. I tribunali, infatti, si organizzano in modo molto differente gli uni dagli altri anche a seconda delle risorse di collaborazioni e di servizi. Questo crea disagi per le famiglie e finisce per allungare i tempi, già dilatati, disincentivando questo percorso.

Lei parlava di tempi molto lunghi.

Il percorso che devono affrontare le famiglie richiedenti è lungo e faticoso e ne scoraggia la maggior parte. Per l’adozione internazionale, i tempi non dipendono totalmente dalle procedure e dai servizi offerti nel nostro Paese o dall’efficienza degli enti autorizzati accreditati, ma dalla durata delle procedure all’estero. Per questo, noi chiediamo un maggiore coinvolgimento del nostro governo nei rapporti con gli stati d’origine dei bambini adottati: sia ricercando accordi bilaterali che investendo maggiori energie a livello diplomatico su questa problematica. Vediamo che le coppie di altre nazionalità impiegano meno tempo di quelle italiane e immagino che questo significa che, pur restando nella legalità, esistono canali più veloci o che agevolano certi processi.

In pratica, quanti anni sono necessari?

Per l’estero, parliamo in media di quattro anni. Noi vorremmo che le famiglie venissero informate in tempi ragionevolmente brevi e in modi meno penalizzanti: ci piacerebbe che venissero aiutate a maturare all’interno di questo cammino e che non fossero trattate solo come “strumenti” da usare, all’occorrenza e in base al bisogno del momento.

Quali tipi di famiglie fanno maggior ricorso alle adozioni?

Sicuramente, la quasi totalità è rappresentata dalle coppie sterili perché il percorso è diventato così lungo e difficile e finisce per scoraggiare i coniugi che hanno già altri figli. Questo implica che le coppie infeconde devono compiere un percorso di maturazione perché il desiderio di avere un figlio, da solo, non è sufficiente per far maturare nelle persone la disponibilità affettiva ed emotiva di diventare genitore di un bimbo che non ha generato: tutto ciò non è automatico, specialmente tenendo conto della frequente problematicità di questi bambini che spesso hanno alle spalle storie personali e familiari dolorose e traumatiche.

Quali sono state le vostre richieste alla Commissione?

Conferire maggior riconoscimento al ruolo delle associazioni familiari sia nell’affido che nell’adozione. Vivere da soli queste esperienze è rischioso e abbiamo constatato che le coppie affrontano e reggono le situazioni anche difficili in modo più sereno se entrano in questa rete di rapporti. Vorremmo anche che si riducesse la disomogeneità della prassi organizzative ed operative sul territorio nazionale.

Il Sussidiario.net – 29 Luglio 2012 – Riproduzione parziale