Willy Monteiro. Un piccolo grande eroe che ci ricorda il valore del dono. Che la nostra società ha dimenticato…

Per la società della competizione sfrenata non c’è spazio per donare e donarsi. Ma così l’umanità rischia di perdersi. E ci sta riuscendo

Nella giornata di domani le persone che gli erano care saluteranno la salma di Willy Monteiro Duarte. Ma il volto, il ricordo, il gesto di questo piccolo grande eroe contemporaneo resterà indelebile. Perché, se qualcuno diceva che “la bellezza salverà il mondo”, non c’è forse gesto più bello di chi, disarmato, cerca, anche a spese della propria incolumità, pace e giustizia. Quello di Willy, ragazzo fisicamente “mingherlino” ma dal coraggio da leone, è stato proprio un gesto di questo tipo. Un gesto spassionato per dare manforte a un amico contro dei bulli nerboruti, che deve essere di esempio per tutti.

Willy Monteiro. Un eroe che una società violenta e individualista non riesce ad apprezzare

Per la società della competizione sfrenata, del tutti contro tutti, che ha interiorizzato nel profondo i dettami del mercato globale, quello di Willy può apparire, al di la della retorica, un gesto folle. Perché un ragazzo così giovane dovrebbe rischiare per qualcun altro? Il dono, in questa società malata, non è contemplato. Non può esserci spazio per donare se stessi in una realtà che propone come modello il raggiungimento del successo a qualsiasi costo. “Get rich or die tryin’“, dicono in America. “Diventare ricchi o morire provandoci“. Questo è il modello che l’Occidente ha ingerito, digerito e fatto proprio. Da questo modello distopico emergono gli assassini di Willy, che vivevano tra la violenza e l’esibizione di uno stile di vita superiore alle loro possibilità sugli onnipresenti social network. E spiace che siano stati tirati in ballo la politica e lo sport, che con quanto accaduto non c’entrano nulla, perché sono invece, nella loro forma più nobile, strumenti per fare comunità. Per crescere e far crescere. Le arti marziali, la boxe, hanno spesso fornito una via d’uscita a ragazzi che, altrimenti, avrebbero avuto di fronte a sé soltanto la droga e la strada. Certo, poi c’è il tema della responsabilità dei maestri, che devono saper selezionare i propri allievi, perché quando si insegnano tecniche di combattimento bisognerebbe evitare di fornirle a personalità disturbate o poco equilibrate. Ma qui il fatto è che l’equilibrio, purtroppo, manca a un’intera società. Una società volgare, arrivista, che ha elevato la prepotenza a valore. Basta dare un’occhiata alle tante trasmissioni televisive in cui si ripetono scene di cattiveria e sopraffazione gratuita da parte di presunti “capi” o “insegnanti” ai danni dei propri allievi: si pensi ai vari “Hell’s Kitchen”, “The apprentice” e altri format consimili.

A rimetterci, così, stavolta è stato un combattente vero. Un ragazzo senza muscoli ma che, con cuore puro, ha offerto sé stesso e, purtroppo senza poterlo preventivamente immaginare, la propria vita. Willy ci ha ricordato che il dono può far male, può richiedere dei sacrifici. A volte enormi. Ma l’enorme commozione che ha fatto seguito alla sua morte ci ricorda che, senza la capacità di donare e di donarsi, l’umanità rischia di perdersi. E, ahinoi, ci sta riuscendo.

Cristiano Puglisi
Ufficio Stampa Ai.Bi. – Amici dei Bambini