Youyou Tu. “Ho lasciato mia figlia in orfanotrofio per studiare la malaria”. Ecco il nuovo premio Nobel per la medicina!

youyou tuIl fine giustifica i mezzi? E’ da approvare, apprezzare fino a premiare con un Nobel (uno dei più alti e importanti riconoscimenti) chi ‘in nome del lavoro’ abbandona il proprio figlio? E’ ammissibile che una donna dimentichi di essere madre per essere solo scienziata? Può la ricerca annullare la morale, l’etica e cancellare l’amore di una madre per il proprio figlio?

Insomma come si fa a insignire del Nobel chi ha lasciato in un orfanotrofio la sua bambina? Senza disconoscere i meriti della scoperta per la cura della malaria, la storia di Youyou Tu, vincitrice del Nobel per la Medicina, non può e non deve lasciare indifferenti.

Come lei stessa racconta, per arrivare alla scoperta di un principio fitoterapico impiegato ancora oggi contro la malaria, Youyou Tu ha dovuto compiere un immenso sacrificio, lasciando la figlia di quattro anni in orfanotrofio per seguire un progetto di ricerca promosso negli anni ’60 dall’allora leader cinese Mao.

Quando Tu tornò a Pechino sei mesi dopo, la figlia non la riconobbe e si nascose dalla ‘strana donna’ che era venuta per riportarla a casa.

Ma la cosa più grave è che Tu non sembra provare amarezza: ‘Il lavoro era la priorità, ero pronta a sacrificare senza tentennamenti la mia vita privata’.

Insomma un robot che risponde ed esegue dei comandi senza lasciare spazio a emozioni, affetti, etica, morale e senso materno. Un robot che in quanto tale non ha neanche a posteriori senso di vergogna per i suoi comportamenti e scelte.

Perché neanche nel mondo animale ci sono casi e/o esempi di indifferenza e freddezza tale. La priorità per Youyou Tu era il lavoro: in nome suo tutto il resto passa in secondo piano.

E poco importa se si tratta di ricerca medica perché seguendo lo stesso ragionamento, un’altra donna/mamma potrebbe giudicare il proprio mestiere altrettanto importante (tale da giustificare l’abbandono del proprio figlio) introducendo così il principio della discrezionalità su un argomento (i figli) su cui non c’è nulla da discutere.

Sono loro la priorità unica, sola e massima. E nessun lavoro, o premio internazionale può richiederne il sacrificio. Nessuna fama o gloria può essere piena se macchiata da un gesto riprovevole come l’abbandono. Nessun applauso o pubblicazione su rivista scientifica potrà mai cancellare quegli occhi impauriti di quella bambina che viene lasciata in orfanotrofio. Quegli stessi occhi e quella stessa bambina, che giustamente, poi non riconosce in quella donna la madre che l’ha partorita. Quella ormai è un’estranea.

Tutto il resto sono soltanto parole al vento, come le “spiegazioni” fornite da Youyou Tu “poco dopo essere stata chiamata per il progetto 523, fui spedita nella provincia di Haina. Mio marito a quell’epoca aveva ricevuto l’ordine di rimanere nelle campagne, per questo ho dovuto affidare mia figlia di 4 anni all’orfanotrofio locale“. Parole che lasciano il tempo che trovano e che non curano la ferita e il trauma che con quel gesto la mamma Youyou ha inferto a sua figlia. Come donna e ricercatrice sarà da Nobel. Ma non come madre.