“…È venuto in vacanza da noi: ma adesso, dove sarà finito?”

Moira scrive:
Durante l’estate appena trascorsa abbiamo ospitato un bambino dalla Bielorussia, di 7 anni, un bimbo allontanato dalla madre per vari motivi e che vive in un istituto di Pinsk. È stato presso la nostra famiglia dal 23 giugno al 3 settembre e durante questi giorni abbiamo vissuto un’esperienza impegnativa, ma gratificante e molto istruttiva, sia per noi adulti che per lui e nostro figlio di 9 anni. Ci siamo affezionati e ci siamo salutati con la convinzione di rivederci per le vacanze di Natale, ma ora la nostra certezza vacilla; tramite alcuni altri ragazzini del suo istituto ho saputo che il nostro piccolo bielorusso è stato spostato in altro istituto, per non si sa bene quale motivo. Non sappiamo dove si trova, non possiamo comunicare con lui e non ricevo notizie in merito. Stiamo malissimo, lo sappiamo là da solo, piccolo e indifeso e soprattutto temiamo di non riuscire più a rivederlo… è possibile una situazione di questo tipo?

Cara Moira,

la sua testimonianza è preziosa perché è una dimostrazione dei forti legami che possono nascere dall’incontro fra una famiglia e i bambini abbandonati di altri Paesi.

Anche quando si tratta di famiglie che non hanno intenzione di adottare e che non hanno in programma di includere nella propria famiglia un nuovo “figlio”, quando c’è una accoglienza attraverso i soggiorni solidaristici o anche con l’affidamento (che oggi, purtroppo, non è ammesso a livello internazionale) è possibile che si inizi un cammino di amore senza ritorno. Questo è vero soprattutto quando i bambini e ragazzi che si “ospitano” sono abbandonati, quando vivono in istituto e sappiamo che nel loro Paese non hanno nessuno: nessun legame stabile; nessuno che si occupi di loro.

Non abbiamo una risposta per lei, Moira. Sappiamo però che la Sua storia di affetto quasi materno con il bambino abbandonato della Bielorussia è la prova che la proposta contenuta nel Manifesto di Ai.Bi. “Oltre la crisi: più famiglie & più adozioni”, quella cioè di regolamentare i soggiorni a scopo adottivo per i minori che sono già in stato di abbandono, ha un senso. Perché la conoscenza da vicino con un bambino abbandonato può far nascere il desiderio di prendersi cura di lui anche in persone che, all’inizio, non ci pensavano. Quella indicata da Ai.Bi. per i minori più grandicelli, che nessuno sceglierebbe in adozione, potrebbe essere l’unica via, l’ultima possibilità, per trovare finalmente un giorno una famiglia.

Cara Moira. Se il progetto di accoglienza fosse fatto con l’aiuto di autorità centrali e con un progetto di questo tipo, forse sarebbe possibile curare il legame d’amore nato durante la vostra breve accoglienza e trasformarlo in qualcosa di prezioso. Oggi purtroppo questo non è possibile. Almeno, finché la proposta di legge non diventerà realtà.

Avv. Enrica Dato, Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini