Adozione internazionale. Quello che la Cai deve imparare: come si accolgono i bambini adottati. Ecco cosa dicono le buone prassi de L’Aja

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L’accoglienza dei minori adottati deve essere child-friendly: a misura di bambino. Lo dice esplicitamente la Guida delle buone prassi  della Conferenza de L’Aja di diritto privato: una condanna, di fatto, delle modalità con cui la Commissione Adozioni Internazionali ha “accolto” i bambini congolesi adottati da coppie italiane e arrivati a Roma l’11 aprile, il 7 maggio e il 1° giugno. In attesa che il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, che il 10 maggio è stata nominata presidente della Cai, si decida a prendere concretamente in mano le redini della nostra Autorità Centrale per cercare di riportarvi l’operatività e la legalità venute meno negli ultimi 2 anni, è opportuno quindi considerare con attenzione ciò che dicono le buone prassi de L’Aja e confrontarle con quanto fatto dalla Cai in tempi recenti. Con la speranza, quindi, che la Commissione cambi le modalità di accoglienza dei piccoli adottati già in occasione dell’arrivo in Italia degli ultimi 18 bambini congolesi ancora bloccati nel loro Paese: minori provenienti dalla città di Goma che sono figli di coppie che non hanno loro notizie ormai da due anni.

Ripercorriamo brevemente i fatti. L’11 aprile, il 7 maggio e il 1° giugno giungono a Fiumicino rispettivamente 51, 15 e 41 piccoli congolesi che attendevano da anni di ricongiungersi con i loro genitori adottivi italiani. In tutti e 3 i casi, però, la Cai informa le famiglie solo all’ultimo momento, costringendole a viaggi improvvisati e frettolosi verso la Capitale. Nel frattempo i bambini sono trasferiti dallo scalo romano alla caserma di Spinaceto. Ai loro genitori vengono dati appuntamenti in luoghi diversi di Roma, dove vengono prelevati da pick up inviati appositamente e portati alla spicciolata a Spinaceto, dove possono abbracciare i loro figli solo dopo molte ore e dopo che, in qualche caso, i piccoli hanno riscontrato malori tali da comportare il ricovero in ospedale.

Niente di più lontano, insomma, di quanto prescritto dalla Conferenza de L’Aja. La Guida delle buone prassi, elaborata nel 2008, afferma infatti che il trasferimento dei minori adottati nello Stato di accoglienza deve avvenire facendo “viaggiare i genitori adottivi nel Paese di origine per prendere il bambino, a meno che le circostanze non lo impediscano. “I genitori adottivi – spiega la Guida – devono accompagnare il bambino dal Paese di origine, perché ciò gli consente di conoscere e capire la vita del bambino e le condizioni di vita precedenti all’adozione e a capire qualcosa del background” del minore. I figli adottivi, quindi, non andrebbero consegnati come pacchi postali, né in aeroporto, né tantomeno in una caserma militare. Dovrebbero attendere l’arrivo dei loro genitori nella loro terra di origine e da qui ripartire, con i rispettivi mamme e papà, verso il Paese di accoglienza. L’Aja precisa che ci potrebbero essere delle eccezioni a tale prassi, ma questo solo in caso di guerre o di calamità naturali nel Paese di origine: situazioni che, in questo caso, non avrebbero riguardato la Repubblica Democratica del Congo. Tanto che le Autorità Centrali degli altri Paesi hanno regolarmente autorizzato le loro coppie adottive a recarsi a Kinshasa per andare a prendere i loro figli adottivi.

Le buone prassi insistono in particolare sulle modalità di “consegna” del minore alle coppie adottive, affermando che “la preparazione e la consulenza per la consegna e il trasferimento devono essere fornite ai genitori adottivi e al bambino, per ridurre possibili stress o traumi durante questo periodo. Esattamente il contrario di quanto accaduto per i piccoli congolesi e le loro famiglie: i primi imbarcati su un aereo e poi, dopo l’atterraggio, portati in una caserma ad attendere per ore l’arrivo dei genitori. I secondi avvertiti all’ultimo momento e lasciati privi di informazioni e di rassicurazioni.

Alla base di tutto, specifica la Conferenza de L’Aja, ci deve essere la cooperazione fra le autorità dei vari Paesi: “necessaria per assicurare che il trasferimento del minore abbia luogo in circostanze appropriate”, ovvero – come precisato dall’articolo 19 della Convenzione de L’Aja – “in assoluta sicurezza” e “in compagnia dei genitori adottivi”.

Con la neopresidente della Cai le modalità di accoglienza dei bambini adottati torneranno finalmente alla normalità, nel rispetto di genitori e figli?